ROMA – Una vera e propria «malattia» che, ereditata dal nonno, perdura ormai da oltre cinquant’anni: il biologo Andrea Daprati raccoglie nel libro “Il posto dei tartufi”, in libreria per Mursia, i ricordi, le tradizioni e gli aneddoti legati alla passione per la ricerca del prezioso tubero nelle colline dell’Oltrepò Pavese. I racconti delle lunghe uscite in compagnia del fidato cane Cinu e dell’amico Ciudìn, dei tartufai che al mercato spacciano con astuzia «patate» per tartufi, si mescolano ai profumi delle storie degli uomini che animavano le campagne della parte più meridionale della Lombardia.
I ricordi d’infanzia, la gioia per zappetta da tartufi con il nome inciso sul manico ricevuta per Natale dal nonno, ma anche la costante paura che i propri luoghi segreti vengano scoperti da un altro cercatore di tartufi, «l’essere più pericoloso che un tartufaio possa incontrare» e la conseguente predilezione per la nebbia che «sa essere discreta, complice e rendere invisibili».
L’esperienza di un autore animato da una vera e propria passione per questi pregiati tuberi e per la campagna che li offre: «nei suoli lombardi, dove la pianura tra il Po e le colline si restringe, c’è un triangolo di terra per metà piana e per metà collinare che considero il mio regno, il posto dove vivo e vado per tartufi, come mi aveva insegnato il nonno quando ero bambino».
Seguendo le orme dell’autore tra i fossi di pianura e i boschi dell’Oltrepò Pavese, scopriamo personaggi, luoghi e aneddoti protagonisti della ricerca del prezioso tubero: l’uomo e il suo cane complici nella notte stellata o alle prime luci dell’alba, protetti dalla nebbia. E poi gli animali della notte, la luce soffusa della luna che illumina appena il sentiero come in una magia, tanto che non è chiaro se a muovere la ricerca sia più la smania di trovare tartufi o il godimento nel tuffarsi tra le campagne