Innamorata dei libri da sempre, ne ha fatto oggetto di studio. Ama il Medioevo e Federico II di Svevia e per fame di shopping ha svolto mille lavori orrendi. Ha scritto e condotto con Giuseppe di Chiera il programma radiofonico "Pandora e Senofonte" sull'emittente romana RM12. Il suo punto debole sono il gossip storico e le storie d'amore. Conosce un mucchio di poesie tristi a memoria con le quali adora ammorbare gli amici.

“In viaggio con…” Rosanna Sferrazza

ROMA – Bentrovati al secondo appuntamento di “In viaggio con…”: la nuova rubrica di audiointerviste, che anima il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervistano per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Questa settimana è ospite Rosanna Sferrazza con il suo successo “Ma Dio è su facebook?”

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Rosanna Sferrazza su CHRONICAtube

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

Rosanna Sferrazza- Ma Dio è su facebook?

E tu cosa fai se la ex di tuo marito scrive sulla bacheca di tuo marito? Un libro sul Dio pagano del momento che conta milioni di fedeli in tutto il mondo: Facebook. Sulla bacheca del famoso social network si alternano commenti surreali, satirici ed eventi paradossali. Un coro di voci umane che fanno a gara per rispondere all’eterna domanda: a cosa stai pensando? Ne viene fuori un affresco ironico della nostra contemporaneità alla disperata ricerca di un senso. C’è Margherita Hack che parla di stelle e gatti, di affari e politica, Beethoven che oggi non riesce a vendere la sua musica e allora chiede l’amicizia e qualche consiglio a Gigi D’Alessio. Gente comune incollata al computer con la speranza che qualcuno a notte fonda si aggiunga alla lista degli amici. Rosanna Sferrazza entra come un virus dentro Facebook, infettandolo di esilarante surrealismo. Come la Hack dice nel libro: “L’importante nella vita non è avere le risposte, ma farsi le giuste domande. Dio esiste? è una domanda sbagliata, quella giusta è: Ma Dio è su Facebook?”. Con la prefazione della Sora Cesira. (Promo Music, 2012, 12.00 € )

“I bordelli di Himmler”, i segreti del lager.

Marianna Abbate
ROMA – La parola lager è ospite frequente delle mie letture. Campo di lavoro, campo di sterminio, campo di concentramento, sinonimi di un orrore inconcepibile, incomprensibile, inspiegabile e altrettanto reale.

Voglio evitare in ogni modo il falso buonismo delle trasmissioni televisive, la finta compassione dei presentatori. Quello che voglio è seguire il monito di Primo Levi:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

Ne sento l’obbligo morale.

Il testo che vi propongo è un saggio di tre giovani storici, che approcciano un argomento alquanto scabroso e per molto tempo occultato: la prostituzione nei campi di concentramento.

I bordelli di Himmler” edito da Mimesis nella collana dal titolo parlante: Passato Prossimo.

Per quale motivo i nazisti hanno nascosto l’esistenza della schiavitù sessuale nei campi? Gli studiosi sostengono che si trattasse di una incongruenza nella teoria di purezza genetica, di un dilemma che riguardava l’incorruttibilità spirituale dei nazisti stessi.

Da una parte, infatti, la prostituzione era vietata in quanto perversione: le prostitute venivano perseguitate e spesso mandate nei campi di concentramento, soprattutto se ree di omosessualità. Dall’altra parte, molti teorici del nazismo sostenevano che la prostituzione fosse un ottimo sfogo per gli uomini, e che dunque fosse un ottimo metodo per prevenire la diffusione della piaga dell’omosessualità maschile- considerata molto più grave dell’omosessualità femminile.

L’istituzione dei bordelli dava al governo una sorta di potere sulle persone che ne usufruivano, creando un sistema di premi che permetteva di ottenere risultati soddisfacenti. L’esistenza dei bordelli per ufficiali nazisti era affiancata dall’esistenza di bordelli per prigionieri, concettualmente molto simili.

Gli studiosi sostengono che parlare di prostituzione sia un errore: la prostituzione prevede un contraccambio in denaro o comunque un guadagno da parte di chi offre la prestazione sessuale. Le prostitute dei bordelli di Himmler non avevano guadagni, non erano libere di scegliere.

Mi è difficile ora illustrarvi le condizioni in cui versavano le donne costrette alle prestazioni sessuali. Mi è impossibile anche solo spiegarvi quali potevano essere le motivazioni che portavano le donne ad accettare passivamente questo ruolo di schiavitù.

I campi di concentramento erano luoghi di morte. Anche le persone sopravvissute alla selezione erano destinate a morire, lentamente, in esperimenti di sfinimento corporale.

Documenti come questo saggio sono necessari per poter formare la nostra opinione politica, la nostra opinione sociale, la nostra persona. Leggere, informarsi, conoscere e ricordare sono nostro obbligo morale. Altrimenti potrà compiersi la maledizione che Primo Levi scrive con mano ferma:

O vi si sfaccia la casa

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.

 

 

 


“Pronto e indossato”, Lavinia Biagiotti inaugura la novità multimediale di ChronicaLibri

Marianna Abbate
ROMA – E’ con immenso piacere che ChronicaLibri presenta “In viaggio con…”, la nuova rubrica di audiointerviste, che da oggi animerà il nostro Canale Youtube.

Antonio Carnevale e Massimiliano Augieri, due navigati e affascinanti speaker radiofonici, intervisteranno per noi gli autori delle più importanti novità editoriali.

Cominciamo subito con l’intervista a Lavinia Biagiotti, con un argomento decisamente in linea con gli interessi delle nostre affezionate lettrici:


Pronto e indossato. Ricette di stile per tutte le occasioni.

Per ascoltare l’intervista cliccate su questo link:

Intervista a Lavinia Biagiotti su CHRONICAtube

 

Oppure accedete direttamente al Canale Youtube, dal video a destra. BUON ASCOLTO!

Vi ricordo l’appuntamento domani, sabato 16 giugno 2012, per conoscerci e discutere insieme alle 18.00 al N’Importe quoi.

Pronto e indossato. Ricette di stile per tutte le occasioni.

“Vestirsi velocemente mortifica, ma con un minimo di organizzazione ogni guardaroba può diventare una miniera d’oro”: questa è la base di quelle che Lavinia Biagiotti chiama le sue “ricette di stile e di felicità”, tutte raccolte in questo volume fresco, giovane e tutto al femminile. I testi dell’autrice, accompagnati da foto e schizzi, sono un suggerimento per imparare a vestirsi con gusto ed essere cool in ogni occasione, dal party con gli amici al colloquio di lavoro, dal weekend fuori porta alla passeggiata in città. E se non si ha voglia di spendere, basta recuperare quei capi sepolti da tempo nel proprio armadio che, rinnovati con semplici accorgimenti, permetteranno di cambiare look ma senza toccare il portafoglio. Insomma una guida di stile ala portata di tutte le tasche femminili, sotto forma di pratica agenda da portare sempre con sé grazie al suo formato in stile notebook comodo e maneggevole. (Mondadori Electa, 2012, 19.90 €)

 

Un “Romanticidio” dietro il bancone di un bar

Marianna Abbate

ROMA – Avete mai pensato alla morte? Alla vostra morte intendo… Alla camera ardente, al funerale, agli encomi degli amici. Alle lacrime dei parenti.

Marzia c’ha pensato, alla sua morte. Ma lei, cattiva ragazza, non ha mai voluto allori ed elogi- probabilmente consapevole di non meritarne. Non un funerale serio, dove chi non ti ha mai veramente conosciuto, si sforza di apparire cordiale e di produrre complimenti astrusi e privi di alcun collegamento logico con fatti realmente accaduti. Lei no. Ha sempre voluto una morte ridicola, una fine comica, che come la metti la metti, a pensarci ti scappa da ridere.

“Romanticidio”, scritto da Carolina Cutolo ed edito da Fandango, non parla di un omicidio romantico, ma dell’uccisione del romanticismo.

Si parte dal funerale del padre. Un tipo un po’ stronzo, cornificatore seriale- totalmente diverso dal papino adorabile della famiglia del Mulino bianco. Ci sono lacrime, ma non sono quelle della figlia un po’ cinica- sono quelle di una moglie postmoderna, lamentosa e patetica, che piange anche nel giorno in cui dovrebbe essere la donna più felice del mondo.

E poi c’è il coma. Causato da una situazione ridicola, mette in standby quella vita strapazzata che Marzia non ha mai apprezzato fino in fondo. Non è il solito coma: quello lontano, nel tunnel nero con la luce in fondo. E’ cosciente e consapevole. E dà un punto di vista privilegiato su tutto e tutti. Fa ascoltare cose che non si sarebbero mai dovute sapere.

L’intento è quello di stupire, scandalizzare e far riflettere. Ma non so se di questi tempi una gang bang, un pompino e qualche cazzo possano scandalizzare ancora. Di certo un pochino ci disgusta, quell’alcol che ci fa vomitare, l’immondizia e i liquidi corporei. E forse la parola scritta può ancora colpire la nostra immaginazione, più di un horror “macello” o della violenza carnale sparata sugli schermi.

Ed è proprio dal cinema che la Cutolo sembra trarre l’ispirazione, con le sue immagini crude e crudeli viste in quel trash, voluto e osannato, che ha fatto il successo mondiale di Tarantino in Kill Bill.

Ho letto svariate recensioni di questo libro. Sono tutte pulite, eleganti, riflessive. Sembrano parlare di un testo quasi filosofico, dal carattere empirico. Non è quello che vi dovete aspettare dalle pagine di Romanticidio. Quando manca il romanticismo, quello ispirato, con rose rosse, candele e vasche idromassaggio rimane solo il coito ritmato, i piatti sporchi e la gastrite.

“Il vecchio e il mare”, quando Di Caprio ti suggerisce cosa leggere

Marianna Abbate

ROMA – Era l’ormai lontano 1998. La radio trasmetteva a rotazione “My heart will go on” e si faceva a gara su chi avesse visto più volte il Titanic al cinema. Frequentavo le scuole medie presso delle suore acide e rotonde, mi mancavano almeno due denti davanti e la mia faccia era tempestata di pustole acneiche, che (io non lo sapevo ancora) mi avrebbero perseguitato per lunghi anni.

Ero in possesso di qualunque supporto cartaceo contenesse l’immagine, per me mistica, del bel Leonardo; compreso un album di figurine Panini dal quale appresi inquietanti notizie sulla vita privata, e con mio immenso sgomento ed emozione, anche sulle esperienze sessuali dell’attore. Ora non voglio discutere sull’incoscienza dell’editore che ha messo queste informazioni dentro ad un prodotto dedicato principalmente alle bambine, e non saprei dirvi se queste notizie mi hanno bloccato la crescita o semplicemente raggiunto il metro e 80 il Signore ha pensato bene di non farmi crescere ulteriormente. Sono qui per parlarvi del libro preferito di uno dei più grandi divi della mia infanzia, accanto ai Take That e alle Spice Girls.

Quando appresi che il mio mito era innamorato del Vecchio e il mare di Hemigway, feci praticamente di tutto per procurarmene una copia. Mi ricordo che lo lessi di nascosto da mia madre, che mi perseguitava dicendo che l’autore era un ubriacone e che nulla di quello che aveva scritto mi sarebbe stato utile. Ma io ero incredula, convinta che in quelle pagine si celasse chissà quale segreto del successo internazionale di Leo, e che quel libro mi avrebbe consentito di raggiungere con lui una fratellanza spirituale- che mi avrebbe inevitabilmente portato a diventare la signora Di Caprio.

Leggevo, leggevo, leggevo e non capivo. Cosa c’era da amare in quel libro? Ad un certo punto ho addirittura sospettato che il mio Amore non l’avesse visto neanche da lontano, e che fosse tutto un’invenzione dei giornalisti per screditarlo ai miei occhi.

Un povero vecchio solo in mare a mangiare pesce crudo col sale, a bruciare al sole giornate intere, per poi tornare a riva con null’altro che una carcassa inutile e sanguinolenta.

Dov’era il senso? Come in un trans rimediai ogni libro disponibile di Hemingway, cercando una risposta concreta alla mia domanda. Soffrivo ad ogni pagina di Fiesta e Per chi suona la campana, a volte mollavo la lettura- ma qualcosa mi spingeva a riprendere in mano quei libri. A voltare le pagine e raggiungere la parola fine.

Oggi ripenso a quel Vecchio, al sapore del whisky di una taverna in riva al mare. Al calore del sole su quella pelle vecchia e dura, al sale nella carne cruda. All’emozione della pesca, al successo e alla caduta.

Ho letto quel libro quasi quindici anni fa, senza capirlo. Ma ancora oggi mi ricordo praticamente ogni parola.

Forse io e Leonardo siamo destinati a stare insieme.

“Come pelle di bambù”, segreti di un’altra vita

Marianna Abbate

ROMA – Sensualità e mistero, le parole chiave di questo romanzo, che segna i debutto narrativo di Michela Vanon Alliata, già affermata saggista e docente di letteratura inglese a Venezia. L’autrice s’ingarbuglia in una vicenda decisamente contorta, ma riesce a districarsi bene tra ricordi, lettere e rivelazioni- tenendo le fila della vicenda.  Il tutto nasce dal ritrovamento del carteggio di uno psicanalista con la sua paziente. Lettere che di una vita passata che è proprio il figlio della donna a ritrovare; incuriosito e toccato dal loro contenuto decide di incontrarne l’autore.

Una storia tormentata, con un epilogo tragico- che fa da sfondo e da spunto per l’evolversi narrativo. Flashback e attualità si susseguono, si rincorrono e a volte combaciano.

I personaggi sono disegnati linearmente. Nulla è lasciato a caso: le scelte, i sentimenti e le trasformazioni, sono conseguenti alla vita. Bisogna solo incastrare bene i pezzi del puzzle che la compongono. Ma ci vuole pazienza- questo puzzle nasconde l’ultimo pezzo tra le pagine finali, rendendo la lettura affascinante e avvincente.

Una prova riuscita, questo primo romanzo, edito da Pendragon.

“Un mondo a parte”, quando il lager si chiama gulag.

Marianna Abbate
ROMA – Ho pensato a Gustaw Herling questa mattina a Napoli. Un autore che mi è particolarmente caro, dal momento che viene dalla mia amata Kielce, la città d’origine di mia madre. L’ho pensato a Napoli, perché dopo il dramma della sua vita è venuto proprio a Napoli, dove ha sposato la figlia di Benedetto Croce e ha avuto una figlia, vivendo i suoi anni felici circondato dagli intellettuali napoletani.

Ho avuto l’occasione di conoscere sua figlia in un incontro per la dedica della scuola polacca di Roma alla memoria del padre, e con mio immenso sgomento scoprii che non parlava il polacco.

Ma in questa mattina di sole, il mio ricordo va a quelle pagine che lessi con sgomento e disagio, anni fa. Una lettura obbligatoria, durante i miei studi di polacco- pubblicata in Italia da Feltrinelli, per la prima volta nel 1958, con il titolo “Un mondo a parte“, anche se la traduzione letterale dovrebbe essere: un altro mondo, o un mondo diverso.

Non sto qui ad enumerarvi i singoli fatti che non mi lasciarono dormire per lungo periodo. Vorrei soltanto condividere quel disagio appunto, quella tristezza che ho provato nel comprendere come i sentimenti umani siano fragilissimi e soggetti all’estinzione.

L’autore ammette di non aver descritto realmente tutti i fatti di cui è stato testimone, ma di aver mantenuto il rispetto per il verosimile. A mio avviso, aver romanzato alcuni elementi nel suo racconto, gli ha permesso di esorcizzare immagini che lo avrebbero comunque perseguitato fino alla morte.

Atti disumani, come la violenza di gruppo, compiuta su una donna con il tacito assenso dell’amante, che non voleva mostrarsi debole davanti al gruppo, erano all’ordine del giorno. E, ora, con il senno di poi – non mi stupisce che Herling non abbia voluto insegnare alla figlia il polacco, la lingua che lo ricollegava al dolore – a quella patria perduta per sempre, a quelle ferite putride dell’anima che quel mondo a parte ha lasciato in crudele eredità.

Leggete, fate leggere e raccontate; è l’unica arma che abbiamo contro il mondo che ama dimenticare.

 

Quando il mondo crolla “Salta, corri, canta!”

Marianna Abbate
ROMA Un campo di concentramento dal nome impronunciabile e maledetto. Capelli, scarpe, valigie e ricordi. Solitudine, terrore, fame. E poi, quando non sai più cosa fartene, la salvezza. La Libertà.

Il ritorno al tuo paese; e magari un figlio.

“Salta, corri e canta!”, il nuovo romanzo di Lizzie Doron per La Giuntina è anche questo. Ne ho letti veramente tanti, di libri sulla vita nei campi di concentramento. Ma veramente pochi sulla vita dopo i campi. Come se tutto quello che c’è da raccontare finisse lì, dietro il filo spinato. Come se quella auspicata libertà, non fosse valida nemmeno a occupare una riga delle memorie di una vita.

Eppure la vita è arrivata. I cancelli si sono aperti e ci sono stati quelli che sono tornati alle proprie tiepide case. Ma quelle case non erano più tiepide, non erano più sicure. Nella notte comparivano davanti agli occhi i capelli biondi delle SS. Ogni grido, ogni rumore improvviso, faceva balzare dal letto. E ogni tanto tornavano i ricordi delle persone amate. Polverizzate.

La vita dopo il campo, non ce la racconta un sopravvissuto. Ce la racconta sua figlia. Una bambina degli anni ’50 a Tel Aviv.

Una bambina col desiderio di giocare, di essere uguale agli altri- di avere un papà; o almeno di avere una storia da raccontare su di lui.

Ma quel papà è stato nel posto innominato, e poi se ne sono perdute le tracce per sempre.

 

L’autrice ci accompagna nel percorso della sua memoria, per rintracciare quei segni, quei segnali impercettibili, che la aiuteranno a comprendere e a scoprire il dolore degli adulti di ieri.

Un viaggio avvolto di mesto mistero, di triste allegria infantile e di rimpianti. Nel sottofondo aleggia ancora quell’aria di terrore che ricompare nelle maledizioni gettate al vento. Con quelle ferite putride nell’animo, che non guariranno mai.

Non ne ho letti molti di libri sulla vita dopo i campi.

Peccato.

“Bodas de sangre”, Lorca e le nozze insanguinate.

Marianna Abbate

ROMA – Un’atmosfera magica, inquietante e un tantino afosa- quella delle tragedie di Garcia Lorca. Uno dei miei autori preferiti, sia per la sua lirica pesante e carica di duende, sia per i versi più riflessivi, ma soprattutto per il suo teatro. Nel tempo in cui in Italia Pirandello cercava con impeto un autore per i suoi personaggi, molti personaggi avevano trovato il loro autore in Garcia Lorca. Un uomo piccolino, scuro e introverso- ma passionale, forte e rivoluzionario. Ha osato sfidare il regime, un po’ in stile manzoniano- raccontando la storia contemporanea vestita di passato, e questa sfida è venuta a costargli la vita. Bodas de sangre- Le nozze di sangue, sono solo un pretesto per avvicinarsi alla sua letteratura teatrale. Un mondo popolato da donne, dipinte in ogni sfaccettatura: deboli e prive di diritti, ma forti delle tradizioni, del coraggio e di un desiderio di sopravvivenza che gli uomini sembrano avere perduto, in qualche lontana battaglia per una Libertà senza volto.

In un mondo in cui il razionalismo sembra aver preso potere su tutto, in cui in tutto il mondo si celebra la guerra, unica pulizia, la Spagna sembra galleggiare in uno spazio-tempo lontano, astruso. Che vede protagonista il surrealismo di Dalì e Bunuel, e il ritorno in auge del Cante Jondo e della magia Andalusa.

Le nozze combinate, contro la volontà di una sposa innamorata, non possono avere luogo. Perché l’amore vero e la passione preferiscono la morte e la tragedia ad una vita spenta e non voluta. I protagonisti sono spinti da forze occulte, molto più grandi di quelle che guidano e regolano la società contemporanea. Forze che sono metafora della poesia, della passione della libertà. Quelle stesse forze che porteranno gli spagnoli nelle piazze a combattere. E ridaranno ai poeti il loro posto nel mondo.

Quando “Trema la terra”

Marianna Abbate

ROMA – Dormi nel tuo letto, litighi con il tuo fidanzato, ti alzi e vai al lavoro che odi. Soffri per amore, sorridi alle nuvole, mangi/preghi/ami. All’improvviso La terra trema. Nessuno ti ha avvertito, anche se hai visto quel pazzo alla tv vaneggiare maremoti. La tua vita viene improvvisamente interrotta senza ma e senza spiegazioni. Non hai neanche il diritto di chiederti: perché proprio a me? Insieme a te sono state colpite centinaia, migliaia di persone- e ti è pure andata bene se sei ancora qui a raccontarlo.

Sono diciotto i racconti di questa raccolta pubblicata da Neo, e quattro i terremoti che hanno travolto il nostro paese e che gravano ancora oggi sulle accise della benzina. Ma non pensate di leggere un libro di cronache storiche di fatti lontani. Il terremoto è solo un pretesto : ognuno di questi racconti è una storia. Ci parla di persone, anche se chiamarle vere suona terribilmente scontato.

Il terremoto dura un attimo- un’eternità. Rimangono ferite, crepe nei muri, paura. Lutti.

Certe volte sconvolge l’esistenza, e un avocato affermato si trasforma in un barbone. Altre volte rimane nascosto, sotto la pelle, ed esce fuori sfocato e inodore nei racconti di un vecchio.

E il terremoto non ha reso tutti più buoni, non ha trasformato i malvagi in esseri riflessivi. C’è anche chi approfitta meschinamente delle porte aperte per accaparrarsi quanto più possibile, con quel tipo di delitto che porta giustamente il nome di sciacallaggio.

Accanto alla classica coppia di anziani che muoiono vicini, ci sono i mariti fedifraghi colti impreparati dal destino.

Anche gli autori sono diversi tra loro, alcuni come Massimo Cacciapuoti, hanno alle spalle esperienze editoriali importanti, altri sono alla loro prima pubblicazione. L’esperimento è riuscito, anche grazie all’attento lavoro di editing di Isabella Tramontano.