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“Il fantasma del Generale” e “La Fortuna Sfortunata”, novità per i più piccoli dalle Nuove Edizioni Romane
Siamo nel 1899, nel sonnolento paese di Borgo, e tre amici sono alle prese con Il fantasma del Generale, attorno a cui, nel paese, si concentrano paure, storie, invenzioni. Una storia sui fantasmi, sulla difficoltà di diventare grandi, sull’amicizia, raccontata con maestria da Guido Quarzo. Sempre di amici e paure si parla ne La Fortuna Sfortunata. Qui Francesco Enna e Iole Sotgiu raccontano di bambini alle prese con problemi di tutti i giorni. Con un po’ di fantasia e il sorriso sulle labbra, i piccoli protagonisti riescono a risolvere brillantemente ogni intoppo. Un libro per ridere, per pensare, per stare bene.
Per lettori grandi e piccoli, due libri tutti da scoprire, tra paure, misteri, soluzioni inaspettate.
“Segreti & Sorelle”, da Fanucci l’ultimo libro di Alyson Noël per gli adolescenti di tutte le età
Giulia Siena
ROMA – ”Segreti & Sorelle”, pubblicato nella collana Teen International della Fanucci Editore, è un libro che non ti aspetti. Dedicato alle adolescenti, il libro di Alyson Noël sorprende per il meccanismo perfetto con il quale è costruito. Echo e Zoe sono sorelle: non hanno nulla in comune, il loro legame cresce e si rafforza solamente quando la morte strappa Zoe agli abbracci di Echo.
Quest’ultima ha quindici anni e deve affrontare gli sguardi compassionevoli dei curiosi, le ansie dei genitori e i cambiamenti adolescenziali che avvengono dentro e fuori di lei. Echo ama studiare e trascorrere il tempo con le sue due amiche di sempre; è una ragazzina semplice, quella stessa semplicità che Zoe sembrava aver dimenticato nella corsa sfrenata verso il suo sogno di diventare una modella famosa. Zoe viveva spensierata: da poco era innamorata di Marc e nulla sembrava poter turbare la sua leggerezza; ma venne uccisa. Da allora Echo ha un’ombra nel cuore, sua sorella le manca e non può fare niente per capire cosa sia veramente successo a quella ragazza così solare, chi sia stato a togliere il sorriso alla sua famiglia e perché a lei sia stata negata la possibilità di crescere con una gioia fraterna.
Il diario di Zoe rimane l’unica testimonianza di una vita finita troppo presto, di un omicidio che a distanza di un anno ha lasciato solamente tanto dolore e nessuna risposta. Marc vuole regalare a Echo la possibilità di venire a contatto con la bellezza di Zoe, allora le regala il diario che la ragazza teneva come un segreto. E’ da questo regalo che Echo imparerà a conoscere sua sorella con pazienza e coraggio: le sue gioie, il suo amore, le sue sfide, i suoi errori, le sofferenze e la trappola mortale che l’ha rubata alla vita.
Una storia dalla trama non facile, “Segreti & sorelle” si scopre scorrendo le pagine. Alyson Noël da’ una lezione di riservatezza a tutte le generazioni e questa riscoperta non può fare che bene
“La cucina di Amélie” un libro di ricette racconta le passioni culinarie di Amélie Nothomb
Giulia Siena
ROMA – Cucina e sentimenti, aneddoti e abitudini si mescolano alla fantasia e ai ricordi di Juliette Nothomb. Lei è la sorella minore di una grandeautrice, Amélie Nothomb e raccoglie in un ricettario sui generis i piatti che elabora e rielabora per la star di casa. Pubblicato dalla Voland Edizioni, “La cucina di Amélie” (traduzione di Elena Corsi) racconta attraverso 80 ricette sopraffine l’amore di Juliette per sua sorella. L’autrice ha redatto un personalissimo ricettario che dalle salse ai gelati, dal té darjeeling alle zucchine, asseconda,”viziandolo”, il personalissimo gusto dell’autrice belga.
Infatti Amélie, già popolare scrittrice del libro “Biografia della fame”, è una commensale attenta e sempre disposta alle sperimentazioni culinarie che sua sorella ama propinarle. Con il gusto ironico (vignette e disegni che accompagnano e intervallano le ricette) e malinconico (ricordi dell’infanzia) che emerge lungo tutto il libro, Juliette Nothomb ci racconta un personaggio “casalingo”, in un quadro pieno di affetto e gioia di condivisione.
“La cucina di Amélie” conserva quel gusto per le cose fatte in casa grazie ai nomi in lingua originale di alcune ricette, ma, allo stesso tempo, appare un libro di ricette dal respiro internazionale perché ogni ricetta è legata a un luogo e a nuove sperimentazioni.
Stefano Sgambati ci racconta "Il Paese Bello" e la necessità di una letteratura senza marche
Giulia Siena 26/08/2010 – ore 11.00
ROMA – Intervista all’autore de “Il Paese Bello” (Intermezzi), Stefano Sgambati:
Sette racconti dai temi “difficili” per la narrativa italiana. Come nasce “Il Paese Bello”?
“Il Paese bello” nasce più o meno per caso. Sono sette racconti che mi sono divertito a scrivere, per varie ragioni (pubblicazioni su riviste letterarie e antologie, amena perdita di tempo, sanissimo cazzeggio, alternativa alla criminalità), negli ultimi due anni o giù di lì. Alla fine, quando ce li ho avuti tutti sotto gli occhi, tali racconti, m’è sembrato che ciascuno recasse in sé una piccola goccia di Italia e ho provato a infilarli insieme e a proporli a questa straordinaria casa editrice – Intermezzi – di cui avevo sentito parlare molto bene al tempo.
La “confezione” è venuta da sé, il titolo, invece, prende spunto dall’ultimo racconto omonimo che è un “what if” abbastanza astruso del tipo: cosa sarebbe successo all’Italia se Eluana Englaro invece di morire fosse sopravvissuta, si fosse svegliata nel proprio letto d’ospedale e avesse domandato una coscia di pollo? Il risultato è, per l’appunto, l’ultimo assurdo (ma non troppo, mi dicono…) racconto, che oltre che una precisa accusa alla ridicola classe politica che ci siamo ritrovati in quei tristi giorni e ci ritroviamo tuttora, è anche un omaggio ad alcuni miei “padri” letterari: dagli anticlimax di Woody Allen, a Stefano Benni, finendo, naturalmente, con José Saramago, il quale – poverino – ha avuto l’ardire di morire solo pochi giorni prima di Pietro Taricone, che in un Paese come il nostro equivale a non morire proprio, paradossalmente.
Secondo te qual è il prototipo di lettore de “Il Paese Bello”?
Il prototipo di lettore de “Il Paese bello” è un lettore intelligente, critico, consapevole, attivo, non suddito e curioso: più o meno lo 0.001% della popolazione italiana. Come si può ben intuire, non ho alcuna possibilità di arricchirmi grazie alla scrittura (che è poi la cosa che più divertirebbe fare).
Nel tuo libro parli in modo claustrofobico del matrimonio e della famiglia come il luogo in cui non vengono riconosciuti i bisogni dell’individuo. Sono legami-trappola?
I legami sono una trappola di per sé stessi. L’amore, come il sesso, i soldi, il potere e la felicità, è una schiavitù. In linea teorica e provocatoria, sarebbe molto meglio non amare mai, ma purtroppo questa è una lezione che non si riesce ad imparare. Io stesso fallisco e almeno una volta ogni due o tre anni mi capita tragicamente di innamorarmi, con conseguenze devastanti quali solipsismo, ansia diffusa, sensazione di pre-morte, abuso di droghe, insicurezza atavica, varie tipologie di asme. Nel libro ci sono almeno tre racconti che parlano di amore: in uno un tizio aiuta una tizia a cercare un orecchino di perla caduto in terra durante una festa alla fine degli anni Sessanta e alla fine si accorge che di sposare la donna che deve sposare non gliene importa nulla (ciononostante, io credo, lo farà lo stesso); in un altro due tizi sposati da anni vanno a un pranzo di Pasqua in un clima a dir poco tragicomico. Lei soffre orribilmente il fatto di essere una sfacciata grassona e lui ne beve uno di troppo. Alla fine non si salverà nessuno; il terzo racconto che, più o meno, parla d’amore è il monologo di un tizio violento che non si rende conto di essere violento. Ce ne accorgiamo noi lettori (o almeno spero…) leggendo, ma lui proprio non ne vuole sapere di ammetterlo, anche se in effetti è proprio per questo che non ha più la donna che amava. Quindi direi che l’amore raccontato nel mio libro soffre di questa visione solo leggermente pessimistica e fatalista che io ho dei legami in quanto tali. Come diceva Seneca: “L’amore è un’amicizia impazzita”. Ecco, nulla contro la pazzia, davvero, ma è già talmente difficile trovare parcheggio il venerdì sera…
Amore e omosessualità, donne e maschilismo, religione e politica: il 2010 non è così moderno come sembra. Vero?
Il 2010 è talmente poco moderno che se io adesso svelo che in un racconto contenuto nella mia antologia c’è una ragazza che fa un pompino a Dio al fine di corromperlo ed essere rimandata sulla terra, probabilmente tu mi dirai che non potete pubblicare l’intervista. Il problema, comunque, è l’Italia e gli italiani, non il 2010: il 2010 va benissimo così, a patto di essere un cittadino del North Dakota e di non possedere la televisione.
Indiscrezioni sul tuo prossimo libro?
Il mio prossimo libro uscirà più o meno ad ottobre per i “tipi” della Castelvecchi Editore. Sarà un lungo viaggio antropologico e letterario attraverso la mia città, che è Roma. La cosa (spero) curiosa e (spero) originale è che ho deciso di raccontare la Capitale d’Italia attraverso un elemento (spero) nuovo: i bar. Di zona in zona, di via in via, di quartiere in quartiere, tra personaggi mitologici e molto letterari, curiosità, aneddoti, racconti, favole, degustazioni e quant’altro: Roma narrata dal fondo di un bicchiere. Con buona pace del mio fegato. Per il resto io non mi rendo mai conto che sto scrivendo un libro. Non è che mi metta lì a dire: ok, ora scriverò un libro. Ho delle cose in mente e le sviscero, anche perché non è che abbia molta altra scelta. Scrivere mi è inevitabile e questo è quanto: se poi continuerò a trovare qualcuno così illuminato dal pagarmi per farlo, tanto meglio. Altrimenti mi aprirò una bella copisteria e buonanotte ai suonatori. Il sogno è il romanzo: mi ci sto divertendo, ho una storia che mi sta appassionando scrivere ma, al momento, molto francamente, non mi reputo così bravo. Se proprio dovete spendere 15 euro per un romanzo, compratevi qualcosa che non abbia scritto io (ma, possibilmente, neanche Fabio Volo).
Puoi aggiungere ciò che vuoi per chiudere l’intervista!
Una cosa, in effetti, vorrei aggiungerla ed è questa: comprate, ogni tanto, se vi capita, se avete voglia, coraggio e disponibilità economica, comprate libri di case editrici non “main stream”. Ci sono autori strabilianti, novità succose e idee geniali sommerse nelle librerie-vetrina che propongono solo e sempre letteratura di massa, quella dei soliti noti, delle solite “marche”, dei soliti giri. Interessatevi, ecco, usate Facebook non soltanto per condividere la vostra preoccupazione a proposito dei cani abbandonati: cercate i gruppi delle case editrici medie e piccole, informatevi degli autori che propongono, su cui investono soldi LORO e risorse e tempo e se anche solo uno di questi libri dovesse piacervi, diffondetelo, parlatene, regalatelo. Internet, in tal senso, è la nuova Bibbia di Gutenberg (non a caso ce lo vogliono limitare…). Sputate sui libri pubblicati a pagamento, ignorate i volumi-spazzatura di autori-monnezza, retaggio di trasmissioni televisive fallite o di reality show impossibili. Abbiate il coraggio di credere che non tutto quello che è “griffato” è buono, soprattutto in letteratura. Le idee non hanno marca. La diffusione della parola letteraria, come dice Roberto Saviano, è anche responsabilità nostra, dei lettori. Uno spirito critico più raffinato può salvare questo paese di merda. Possiamo ancora fare qualcosa.
Leggi anche la recensione de “Il Paese Bello”:
Recensione “Il Paese Bello”
"Il Paese Bello" di Stefano Sgambati
Giulia Siena
ROMA – “Da tutte le parti del mondo vennero giornalisti e televisioni per raccontare del Paese Perfetto che era diventato l’Italia: il New York Times, in un editoriale destinato a passare alla storia del giornalismo moderno, scrisse che il Bel Paese era diventato il Paese Bello”. Sette racconti come sette tasselli che formano un’immagine a colori vivaci di una nazione socialmente ed eticamente da rifare. Questo è “Il Paese Bello”, il primo libro di Stefano Sgambati, pubblicato dalla Intermezzi Editore.
Un libro che sviscera con ironia e disillusione le debolezze di uomini e donne che si intrappolano in una pazzìa chiamata amore, di individui che rimandano le scelte o che arrivano a compromessi con Dio pur di ottenere una seconda possibilità. La penna di Stefano Sgambati non risparmia neppure le false ideologie di una classe politica che sta trascinando l’Italia in un baratro di ipocrisia senza precedenti. Tutto questo l’autore lo fa con intelligenza di espressione (sia nei racconti che negli intermezzi “personali”) e uno stile di “scrittura quotidiana” che incontra la genialità nella caratterizzazione dei personaggi.“Da tutte le parti del mondo vennero giornalisti e televisioni per raccontare del Paese Perfetto che era diventato l’Italia: il New York Times, in un editoriale destinato a passare alla storia del giornalismo moderno, scrisse che il Bel Paese era diventato il Paese Bello”. Sette racconti come sette tasselli che formano un’immagine a colori vivaci di una nazione socialmente ed eticamente da rifare. Questo è “Il Paese Bello”, il primo libro di Stefano Sgambati, pubblicato dalla Intermezzi Editore. Un libro che sviscera con ironia e disillusione le debolezze di uomini e donne che si intrappolano in una pazzìa chiamata amore, di individui che rimandano le scelte o che arrivano a compromessi con Dio pur di ottenere una seconda possibilità. La penna di Stefano Sgambati non risparmia neppure le false ideologie di una classe politica che sta trascinando l’Italia in un baratro di ipocrisia senza precedenti. Tutto questo l’autore lo fa con intelligenza di espressione (sia nei racconti che negli intermezzi “personali”) e uno stile di “scrittura quotidiana” che incontra la genialità nella caratterizzazione dei personaggi.
Leggi anche l’intervista a Stefano Sgambati:
intervista a STEFANO SGAMBATI
Angela Di Pietro ci racconta "La rivincita delle zitelle"
Giulia Siena 02/08/2010 ore 11.00
ROMA – Intervista ad Angela Di Pietro, autrice de “La rivincita delle zitelle” (Sperling&Kupfer)
Come mai a 46 anni si decide di raccontare episodi e aneddoti di una vita “da zitella”?
Quando sfuma la possibilità di vestirsi da sposa-meringa (con abito tutto pizzi, frizzi e lazzi) è meglio riderci su, senza drammatizzare. Oddio, io penso che l’uomo giusto possa arrivare anche ad 80 anni. Ma l’abito-meringa è solo per le giovanissime.
Dapprima la disperazione per essere l’unica single in famiglia e in ufficio, poi, quando si comincia a gustare la rivincita delle zitelle?
La disperazione è un termine che non associerei allo status di zitella. Mi sono disperata di più davanti ai minestroni che cercavano di farmi mangiare quando ero piccola. La mia rivincita? Quando l’uomo che mi ha spezzato il cuore ha letto il libro.
Una donna che scrive “La rivincita delle zitelle” è una donna troppo intelligente ed esigente?
Intelligente? Io sono tonta esigente che finge di credersi intelligente.
Quando si passa da single a zitella?
Quando non si indossa una borsa da 700 euro.
Ora una domanda prettamente da uomo: c’è una comune fisionomia della “zitella”?
Nel senso che le zitelle sono tutte brutte? Tutt’altro. Io sono racchia, ma conosco zitelle stupefacentemente belle.
Lo “status” di zitella in quale misura è causato dai soggetti maschi che ci sono in giro?
Lo status di zitella è indipendentente da come si viene definite dagli uomini.
Una giornalista qualche tempo fa ha scritto che “gli uomini preferiscono le isteriche”, quindi le zitelle sono accomodanti e comprensive?
Una fesseria. ma chi lo ha scritto? Gli uomini fuggono dalle isteriche (ndr, io sono una isterica, se fosse vero ciò che ha detto quella giornalista, dovrei avere un harem).
Leggi anche la recensione di “La rivincita delle zitelle”:
Recensione di “La rivincita delle zitelle”
Da Sperling&Kupfer "La rivincita delle zitelle" di Angela Di Pietro
Giulia Siena
ROMA – “L’incubo, in realtà, inizia a metà dicembre, quando gli amici mi chiedono: ‘Dove vai a Capodanno?’ E come se non bastasse, quando inizio a illudermi che sia tutto finito a metà gennaio ricomincio a ritrovare la verve perduta, ecco che un’altra catasta di legna si abbatte sulla mia testa: San Valentino.” Ironico, immediato ed intelligente. Potrebbero essere questi i tre aggettivi per descrivere “La rivincita delle zitelle” di Angela Di Pietro. Ripensandoci non basterebbero soli tre termini per racchiudere la genuinità
degli aneddoti che la giornalista di Latina racconta con disarmante semplicità nei piccoli capitoli che formano questa avvincente lettura. Prima come blog, dopo due anni le parole della Di Pietro si sono fissate su carta per diventare un libro: da qualche settimana “La rivincita delle zitelle” è in tutte le librerie per la Sperling & Kupfer.
Un libro che diverte con arguzia e semplicità perché le avventure (raccontate con il giusto equilibrio di ironia e senso critico) sono quelle comuni a tutte le donne, episodi “catastrofici” nella vita di ogni adolescente e giovane coppia. Allora leggendo “La rivincita delle zitelle” non si smette di ridere e di rivedere se stessi nelle vicende della Di Pietro, perché la “zitella” è solo il pretesto per parlare del rapporto uomo-donna e di come cambino, negli anni, i rapporti con se stesse e con gli altri . “La verità è che gli uomini detestano lasciare una donna. Detestano avere sensi di colpa. Lasciandoti in eredità i loro sensi di colpa”.
Leggi anche l’intervista ad Angela Di Pietro:
Intervista ad ANGELA DI PIETRO
Intervista a Roberto Da Re Giustiniani, direttore editoriale Kellermann
Siamo contenti soprattutto di essere riusciti a creare un’identità editoriale.
I lettori riconoscono una linea costante di ricerca, di sperimentazione.
Ci divertiamo ancora a metterci alla prova nella scelta di autori che sono in ricerca di linguaggi nuovi. Con loro proviamo, sperimentiamo, ci scambiamo pareri. Un grande passo avanti è anche quello di aver creato all’interno della casa editrice una piccola squadra affiatata. Lavorare bene insieme è ancora più importante di azzeccare il titolo giusto.
Kellermann come sceglie i libri da pubblicare?
Abbiamo scelto la strada più difficile di non pubblicare a pagamento. Gli autori non sono costretti ad acquistare copie o a pagare fior di quattrini solo per rispondere al bisogno di vedere i propri pensieri su carta. Non abbiamo nessuno sponsor a coprirci. Questo implica dover mettere più attenzione quando si tratta di accogliere un progetto, e alla fine riusciamo a dar corso a non più di sette, dieci titoli all’anno, nelle varie collane. Se possibile, ristampiamo. Nella scelta, oltre al contenuto contingente del manoscritto, conta molto anche il rapporto personale che si instaura con l’autore. Con alcuni si crea un sodalizio, un rapporto amichevole, di collaborazione.
Perché proporre una intera collana di libri essenziali per la vita quotidiana domestica dalla veste grafica semplice e allo stesso tempo ricercata?
La Collana “Quaderni” è nata nel 1995. Siamo partiti dalla raccolta di usi e tradizioni in cucina e nella vita quotidiana delle nostre comunità. Qualcosa su cui ritrovarci anche nella forma grafica. Il quaderno è un supporto semplice, ma non per questo meno raffinato di un libro. IL fatto di essere tutti scritti a mano, illustrati con immagini sempre originali, “vestiti” con gli angoli arrotondati, l’etichetta applicata, i bordi colorati li rendono dei veri e propri pezzi unici, degli oggetti di artigianato nei quali i lettori si riconoscono. Tanto è vero che qualche pseudo-editore senza scrupoli non ha mancato di imitarci. Ma oltre alla forma e al contenuto ci deve essere la passione e l’amore per il proprio lavoro: e questo non si può scopiazzare.
Cosa trovano i lettori in questa collana così particolare?
In un periodo come questo, di grande incertezza per il futuro, di valori poco chiari, di mancanza di modelli, le persone trovano nei quaderni quei riferimenti legati ad un sentimento di nostalgia e di semplicità che aiuta a sentirsi parte di una comunità, a ricordare stili di vita più essenziali. Quegli stili che oggiAggiungi un appuntamento per oggi possiamo mantenere vivi solo scegliendo di andare controcorrente, non adattandoci al consumismo sfrenato e ad una inutile e controproducente dissipazione di energia.
“Gli Gnomi mangioni. A tavola con i bambini” parla dell’alimentazione ai bambini e per i bambini, cosa vi ha spinto a pubblicare questo libro?
Non potevamo disperdere l’esperienza di tanti anni di lavoro con i bambini fatto dall’autrice come cuoca nelle scuole materne. Questo le ha permesso di imparare a capire i gusti, le difficoltà, talvolta anche i capricci dei bambini, e con grande sensibilità ha tradotto le ricette in piccole storie ambientate in un bosco incantato, abitato da tanti piccoli gnomi golosi e mangioni. E’ un modo semplice per cercare di trasformare in un gioco anche l’esperienza del mangiare, che a volte con i bimbi più piccoli diventa una vera impresa…E’ bello per i bambini, ma è molto più utile per i genitori, che riescono a rilassarsi un po’.
Leggi anche la recensione de “Gli gnomi mangioni”:
Recensione “Gli gnomi mangioni”
"Gli gnomi mangioni": Kellermann Editore si racconta ‘a tavola con i bambini’
Giulia Siena
ROMA – I bambini e l’alimentazione: un tema sempre più dibattuto e di attualità. Come spiegare i principi della sana alimentazione? Come far capire ai piccoli consumatori quali prodotti scegliere al supermerato? Come trasmettere loro la gioia e la bellezza del cucinare insieme? “Gli gnomi mangioni”, curato da Lina Spinazzè (cuoca nelle scuole materne) e pubblicato dalla Kellermann Editore, è un quaderno di ricette per bambini adatte a ogni età.
In questo divertente volume si spiega perché la corretta alimentazione”consente di mantenere nel tempo la migliore condizione di salute” e, soprattutto, che la corretta alimentazione va imparata. E per farlo? Il metodo migliore è sicuramente entrare in cucina con i bambini e insegnare loro l’importanza di veder creato il pasto con le proprie mani.
“Gli gnomi mangioni. A tavola con i bambini” fornisce molte ricette gustose e semplici, ricche di fibre e vitamine proprio perché l’alimentazione nell’infanzia deve essere il più possibile controllata, favorendo una giusta distribuzione dei pasti e un’alta qualità degli alimenti. Invogliare il bambino nella preparazione delle pietanze è senza dubbio stimolante per la naturale creatività del bambino e un ottimo incentivo a mangiare qualsiasi alimento. In questo modo gli ortaggi prendono forme divertenti, le verdure si mescolano ai colori del piatto, le minestre sono piccole “pozioni magiche” e le vitamine si raccolgono nel cucchiaio del piccolo commensale per aiutarlo, naturalmente, a crescere.
Leggi anche l’intervista all’editore:
Intervista a Roberto Da Re Giustiniani, editore Kellermann