Giulia Siena
ROMA – “Ed ecco New York e le sue mille luci: un enorme flipper dove tu sei la pallina che rimbalza fra i grattacieli e se non sei abbastanza veloce e abile a rimanere in alto, vieni inesorabilmente inghiottita dall’inferno dei bassifondi. Non mi stupisco se questa volta non ho il minimo entusiasmo per il fatto di essere nella città più esaltante del mondo, non c’è posto dove sarei felice perché sono profondamente infelice”.Comincia così “L’amore mi perseguita”, il libro di Federica Bosco edito dalla Newton e Compton che continua a raccontare la storia di Monica, l’intrepida trentaduenne già protagonista di “Mi piaci da morire” e “L’amore non fa per me”.
Monica torna a New York per tuffarsi nel lavoro, un prestigioso incarico presso “Vanity Fair”, dopo che le ultime due storie d’amore le hanno distrutto il cuore. La storia con Edgar e la passione con David sono state delle dure prove per la povera Monica che si rifugia nel West Village, nella casa del misterioso Peter. Il lavoro non è come se lo aspettava, quegli amici che credeva così vicini presto si allontanano e la sua situazione di single si fa improvvisamente più complicata. Monica viene travolta come da un ciclone e dovrà imparare ad accettare la sua evoluzione, ma per fortuna Peter e Tyler riusciranno a distrarla grazie alle sorprendenti capacità della cucina salutista. Federica Bosco intesse il tipico romanzo romantico con i fili dell’originalità; infatti, le difficoltà della metropoli e le incursioni della cucina vegetariana rendono “L’amore mi perseguita” un libro dai giusti equilibri narrativi.
Autore: admin
"Amore e Vizio nella Roma del ‘500" un breve viaggio tra i segreti della Città Eterna
"Il Tao e l’arte dei fornelli", la saggezza orientale nelle ricette di ogni giorno
ROMA – Come coniugare i ritmi quotidiani a una sana alimentazione? Come l’antica saggezza orientale può aiutarci a vivere meglio partendo dalla tavola? A queste domande risponde “Il Tao e l’arte dei fornelli” pubblicato dalla Pendragon. Le tre autrici, Lena Tritto, Valeria Tonino e Karin Wallnoefer ci regalano uno strumento utile per chi vuole imparare a cucinare secondo quello che prescrive la Medicina tradizionale cinese, utilizzando però prodotti nostrani.
Sempre più persone ricorrono alle cure e alle indicazioni offerte dall’antica tradizione medica cinese: agopuntura, massaggio, qi gong, fitoterapia e alimentazione. Mancava però finora un testo come questo, che sapesse guidarle in cucina suggerendo come preparare con fantasia, gusto e varietà gli alimenti che solitamente vengono consigliati (legumi, cereali, verdure, ma anche carne, pesce, uova, spezie ed erbe aromatiche…). Oltre 230 ricette semplici, rapide da eseguire e fatte con ingredienti che si possono reperire agevolmente, ognuna delle quali è corredata dall’indicazione delle azioni energetiche che svolge. Suddivise in: colazioni, antipasti, salse, piatti unici, primi, sughi, secondi, contorni, dolci e anche bevande, offrono la possibilità di introdurre nella dieta quotidiana cambiamenti utili a migliorare o semplicemente difendere la propria salute, senza rivoluzionare le nostre cucine. A completamento del ricettario un’introduzione che presenta, anche per il lettore non esperto, i principi generali della dietetica tradizionale cinese, tabelle per la cottura di cereali e legumi, un glossario e un’appendice con la classificazione per natura termica, sapori, meridiani destinatari e azioni dei principali alimenti.
"S.O.S Amore", perché cercare sempre l’impossibile?
“S.O.S Amore” è un romanzo dedicato a tutte quelle donne che credono nei buoni sentimenti e che sono costantemente alla ricerca del grande amore, ma che nonostante tutti i buoni propositi del caso, continuano e si ostinano a rincorrere l’uomo sbagliato.
"Bloody Europe!", un’alternativa all’Europa (vera)
Ognuno di noi potrebbe raccontare ogni spazio d’Europa da un’angolazione alternativa; filtrata attraverso un’esperienza che sia sua e inconfutabilmente sua. Ecco il motivo per il quale si fa così interessante questo volume, edito nel 2004 dalla Playground, fiera e orgogliosa casa editrice romana. “Bloody Europe!” è una raccolta di gioiose e gaie declinazione d’un’Europa che si affaccia al nuovo millennio, sospesa tra il suo ingombrante retaggio di Vecchio continente e le nuove sfide lanciate dalla modernità.
C’è voce e spazio per tutti, in codest’Europa, dalle frontiere che magicamente, come al suono d’una parola magica, si schiudono alla scoperta e alla rivelazione. Ed è, soprattutto, un’Europa che non conosce inibizioni, né tentennamenti: un’Europa coraggiosa di sé e della propria identità, che affronta il cambiamento e la sua fisiologica metamorfosi con il coraggio – e l’orgoglio – della terra che è, ricca del suo patrimonio culturale e umano. E su questo patrimonio si adagia e si affida, sicura che saranno spazi tranquilli a custodirla, alla fine.
Grandi scrittori, molti all’epoca quasi esordienti (come Valeria Parrella, Rossana Campo, Elena Stancanelli, Gianni Farinetti, Giancarlo Pastore, Ivan Cotroneo) ci plasmano figure quasi mitiche, d’un’Europa che scorre intorno a noi, nel cui flusso anche noi siamo, consapevolmente o meno, immersi. Che tu sia stata battezzata, da altri, Annemarie Schwarzenbach e sia una femmina intellettuale svizzera, per molto tempo ritenuta pazza; o che tu ti sia volontariamente battezzata Tina e sia un transessuale genovese pazzo di Madonna, immersa nei problemi “che abbiamo tutte noi material girls”; che tu sia un ragazzo folgorato da un colpo di fulmine al Gay Pride di Roma; o che tu ti chiami Ruben Zaldarriaga, perseguitato dal regime fascista dell’Argentina ma, perché gay, ignorato dalla burocrazia e dalla statistica ed escluso dalle liste dei desaparecidos, non avrai problemi: ché l’Europa narrativa, riscattando la reale Europa politica e sociale, è capace d’accoglier tutti, rispettosa e fiduciosa.
Perché qui, in “Bloody Europe!”, l’Europa trova la strada giusta: scopre il coraggio di perdonarsi; e di diventare adulta.
"Anita. La donna che insegnò a Garibaldi ad andare a cavallo", una grande storia per giovani lettori
ROMA – Il 2011 sarà un anno interamente dedicato all’Unità d’Italia, ai festeggiamenti per i 150 anni dalla nascita della nostra Nazione. Eventi, letture, mostre, conferenze e dibattiti che accompagneranno i cittadini lungo tutto questo anno. Anche i bambini saranno coinvolti in questa festa partendo proprio dalle letture: “Anita. La donna che insegnò a Garibaldi ad andare a cavallo” di Anthony Valerio pubblicato dalla Gallucci Editore è il libro che, partendo dalla vita di Anita e dal suo amore con Giuseppe Garibaldi, illustra le vicende del Risorgimento.
Analfabeta, figlia di un povero vaccaro nel Brasile dell’Ottocento, Anita Garibaldi fu donna indipendente e vulnerabile, madre, sposa e soldato temerario. Per la prima volta uno studioso con il gusto della narrazione racconta la sua storia vera, moderna e anticonvenzionale, in una biografia documentatissima e avvincente come un romanzo. (scheda libro a cura di Gallucci Editore)
Maddalena Lonati racconta "L’apostolo sciagurato"
Stefano Billi
ROMA – Donna e uomo, eros e passione, sentimenti ed emozioni in una struttura narrativa tutta da scoprire. E’ questo “L’apostolo sciagurato” e l’autrice, Maddalena Lonati, lo racconta in un’intervista a ChronicaLibri.
L’ispirazione per questo libro proviene da due elementi: il mio desiderio di sperimentare e mettermi alla prova con una struttura narrativa per me molto distante dalla precedente pubblicazione, ed il fascino che trovo essere insito nel tema dell’assenza che può divenire ossessione e così eterna presenza.
E’ una raccolta di racconti che diviene romanzo perché tutte le storie sono collegate da un preciso filo conduttore, e tutti i racconti sono nati grazie alla particolare relazione erotica e cerebrale dei due protagonisti. Lei, ormai plasmata dalla mente di Lui attraverso i vari giochi e le continue sfide per superare i propri limiti, inizia a scrivere i racconti durante l’assenza di Lui. E’ un tributo doveroso che Lei fa a Lui per ringraziarlo di essersi potuta evolvere conoscendo molto più profondamente se stessa ed aver esplorato la propria complessità mentale.
Vi è una sezione orizzontale che è quella che unisce tutti i racconti collegandoli fra di loro, ed una verticale, che rende finito e compiuto in se stesso ogni singolo racconto, un po’ come accade per gli episodi dei telefilm. Nell’epigrafe del libro vengono citati i versi della poesia “Eterna presenza” di Salinas. Era proprio questo il significato più profondo che desideravo conferire al romanzo: la passeggera corporea assenza deve diventare possessione totale, eterna presenza. Il rapporto così viscerale fra Lei e Lui, a tratti morboso, non può essere scalfito in alcun modo dalla sparizione dell’Apostolo sciagurato, tutt’altro. L’ossessione aumenterà in entrambi , e l’amore si evolverà nonostante la lontananza, perché Lui vivrà per sempre in Lei e viceversa. Eppure l’assenza, così dolorosa, andrà a permeare in modo inconscio tutto ciò che Lei scriverà durante quegli anni. Assenza declinata negli ambiti più svariati, ma che rappresenterà sempre il vuoto lasciato da Lui. Assenza che segnerà, nei modi più dissimili, le esistenze di tutti i personaggi che verranno creati dalla fantasia di Lei. Fantasia di Lei che ormai è divenuta un clone di Lui, sono l’uno la creazione dell’altro, l’uno lo specchio dell’altro, come nelle opere di Escher.
Quali sono gli autori che più hanno influenzato il tuo modo di scrivere?
Grande fonte di ispirazione è sempre stata rappresentata dai Decadenti, che mi affascinano per la loro ricerca estenuante della bellezza e per gli esiti virtuosistici a cui la loro sperimentazione è approdata. Amo i versi evocativi dei poeti maledetti, Mallarmè, Rimbaud, Verlaine, Baudelaire, ma soprattutto i romanzi dei Decadenti: il delirio immaginifico di Huysmans, il cinismo ineguagliabile di Oscar Wilde, la musicalità di D’Annunzio. Credo che sia possibile trovare degli eccellenti spunti di riflessione fra le loro righe per poi rielaborare il tutto in uno stile ed una modalità più consona ai gusti dei lettori contemporanei. Uno dei miei libri preferiti è però “ Lolita” di Nabokov, uno dei più straordinari romanzi che siano mai stati scritti. Nabokov rientra sicuramente fra i più grandi talenti del ‘900. Per quanto riguarda i contemporanei, ho avuto il piacere di leggere dei capolavori che mi hanno aiutata nel mio percorso formativo e sono stati fonte di ispirazione, ad esempio “ Le confessioni di Max Tivoli” di Greer, “ Il profumo” di Suskind, “ L’amante” di Marguerite Duras, “ Il danno” di Josephine Hart. Trovo che questi romanzi, per quanto completamente diversi fra loro, siano accomunati da livello stilistico altissimo.
Il romanzo si compone di tante storie; all’interno di quest’ultime è possibile ravvisare qualche elemento autobiografico, oppure hai scritto tutti i racconti senza riferimento alcuno al tuo vissuto e alle tue esperienze?
Ritengo che per uno scrittore ci sia sempre qualche elemento autobiografico in ciò che produce. Non mi riferisco a reali fatti personali vissuti, perché quando si scrive è fondamentale inventare, creare, stravolgere la realtà e romanzarla, ma alle emozioni, alle sensazioni, che anche se sublimate devono essere state provate per renderle credibili e riversarle sulla pagina. La fantasia è fondamentale ed è importantissimo utilizzarla al meglio per costruire situazioni ed intrecci interessanti per il lettore, ma credo che debba essere supportata da una base di verità per rendere più plausibili le proprie parole, e la realtà alla quale mi riferisco è proprio quella emozionale. Bisogna conoscere e vivere a fondo le emozioni, analizzarle, per poi riportarle in tutta la complessità delle
loro infinite sfaccettature. Scrivere delle sensazioni provate, anche se magari in ambiti diversi, permette inoltre di comprenderle meglio e sentirle in modo più viscerale, anche a distanza di tempo. Non condivido la recente moda di spacciare gran parte della produzione attuale per autobiografica, ritengo che questa necessità del pubblico di credere sempre che le storie siano reali nasconda, neanche tanto celatamente, una certa dose di morbosità. E’ una mentalità distorta che si è sviluppata nel corso degli ultimi anni, ed è probabilmente il prodotto della moltiplicazione dei reality-show, oggigiorno la sottile linea di demarcazione fra vero e verosimile è divenuta davvero labile. Trovo del tutto irrilevante, tra l’altro, che una storia sia reale o inventata, credo che l’unica distinzione che ci debba essere fra i libri sia fra quelli scritti bene e quelli scritti male, il resto non ha importanza alcuna. Ernest Hemingway affermava che i bei libri si distinguono perché sono più veri di quanto sarebbero se fossero storie vere, ed io condivido questa visione.
3. Quando hai scelto di articolare il tuo romanzo in tante vicende, avevi già una visione globale di tutti i racconti che volevi narrare, oppure hai scritto tutto di getto, senza pianificazione alcuna?
Avevo deciso da tempo la struttura di base, quindi la relazione fra Lei e Lui, la sparizione dell’Apostolo sciagurato e gli anni trascorsi da Lei a scrivere, inconsapevolmente, dell’assenza nei più vari contesti sino al suo agognato ritorno. Avevo inoltre pianificato la trama di qualche singolo racconto, ma molti altri sono nati mentre scrivevo, così come anche l’ordine in cui sono stati pubblicati è stato scelto successivamente.
Non affermerei di aver scritto di getto, non lo faccio mai, ciò che produco deriva da un attento e meticoloso lavoro sull’intreccio, lo stile, il ritmo, e soprattutto è il frutto di varie riscritture, talvolta anche radicali, ma di sicuro posso dire che i vari racconti sono stati influenzati da ispirazioni e suggestioni giunte in momenti diversi, non avevo la visione globale di tutte le storie.
Mi auguro che lo leggeranno perché è un romanzo che propone una struttura piuttosto inusuale e molto contemporanea, l’averlo suddiviso in racconti lo rende un libro di agevole lettura, si tratta di un libro idoneo all’esiguo tempo che si riesce a dedicare giornalmente alla pagina scritta. Inoltre lo consiglio perché offre innumerevoli spunti di riflessione, deframmenta la realtà per ricomporla secondo regole diverse ed inaspettate, mi sono divertita a giocare spesso con il lettore fornendo delle premesse che poi vengono smentite nel corso delle storie così da generare stupore ed anche ad indagare la quotidianità da prospettive inusuali.
Chi volesse iniziare a farsi un’idea de “L’apostolo sciagurato” può digitare Maddalena Lonati su youtube e guardare alcune delle interviste rilasciate ed il booktrailer dello stesso.
"Cortile a Cleopatra", un’amara fiaba moderna
Non per questo, però, le fiabe si son estinte: pur pagando un grave tributo, han cercato, anche loro, di adattarsi al nuovo ambiente, d’evolversi, e in un certo qual modo son riuscite a sopravvivere. Grande scrittrice di fiabe moderne fu Fausta Cialente, soprattutto in quel che si considera il suo capolavoro, “Cortile a Cleopatra”, edito per la prima volta nel 1936, dall’Editore Corticelli di Roma, accolto da un gran successo di critica e pubblico, e poi irrimediabilmente perduto nell’oblio editoriale (oggi, forse, rintracciabile, di un’edizione, non molto datata ma ugualmente difficilmente reperibile, di Baldini Castoldi & Dalai editore).
Le avventure di Marco, figliol prodigo che torna, dopo anni, dalla madre, la secca greca dal nome divino, Crissanti, s’avvicendano sullo scenario del cortile a Cleopatra, un quartiere di Alessandria d’Egitto. Le case che vi affacciano sono fatiscenti ma i personaggi, al contrario, son affascinanti: dànno vita a una magia collettiva, a un comunismo umanitario che ha antichi sapori, antichi legami oramai persi, di microsocietà cittadine oggi estinte. Personaggi dai nomi evocatori di luoghi remoti, esotici, profumati di spezie, odorosi di legni pregiati. Haiganúsh, Polissena, Abramino, Eva e tutti gli altri, così familiarmente introdotti nella narrazione della Cialente, come se già li conoscessimo da anni, come se fossero sempre stati, da qualche parte, nostri compagni d’avventura, orchestrano le loro storie toccandosi, ritrovandosi ogni sera sotto il fico che, immobile, al centro del cortile, guarda come un dio distante i destini allacciarsi e spezzarsi. Ci sono greci ortodossi, levantini dalla multiculturale identità, italiani dalla parlata storpiata, armeni abili nei commerci ed ebrei raminghi: tutto un mondo dentro un cortile, tutta una vita corale dallo scomporsi delle diverse singole vite. Sapiente tessitrice, la Cialente è anche un abile burattinaio: ogni personaggio è legato saldamente alle sue dita che scorrono veloci nella narrazione, senza mai un inciampo o un’esitazione, edificando una coralità che è tale sia nelle esultanze che nei gemiti di sofferenza.
Marco sarà costretto a scegliere tra due donne, due promesse di diverse vite: la ricca Dinah e la più ribelle Kikí ma la sua risoluzione finale porterà la sciagura su tutto il cortile e sui suoi abitanti, travolgendo tutti nella catastrofe. Perché tutte le fiabe, nella realtà, si convertono in dolore.
"Chef per un giorno": dalla tv alla libreria passando per la cucina
ROMA -Arriva in libreria “Chef per un giorno”; dopo la fortunata trasmissione televisiva di La7, Kowalski pubblica il libro che raccoglie i menù di alcuni dei tanti “cuochi famosi” che si sono cimentati ai fornelli tra esperimenti e chiacchiere. Tra i celebri menù troviamo quello di Carlo Lucarelli, Max Tortora, Amanda Sandrelli e Natasha Stefanenko.
Due antipasti, due primi piatti, due secondi e due dessert: questa è la sfida degli chef per un giorno, personaggi del mondo dello spettacolo che, alcuni per la prima volta nella loro vita, affrontano i fornelli e sfidano il giudizio del pubblico, non ultimo il “tavolo dei critici”, dove colleghi chef e terribili critici gastronomici affilano – proprio come il cattivissimo Anton Ego del film Ratatouille – coltelli e forchette.
Poesia: "Tra melma e sangue" di Clemente Rebora
ROMA – Il grande espressionismo linguistico di Clemente Rebora, uno dei più autentici poeti del Novecento, viene espresso con maestrìa nella raccolta di Lettere e poesie di guerra curata da Valerio Rossi, “Tra melma e sangue” (Interlinea). Rebora testimonia la crisi drammatica della prima guerra mondiale, vissuta attraverso una vigilia tumultuosa e poi un’esperienza personale tragica «tra melma e sangue» che lascia una ferita indelebile. Nelle incandescenti lettere il poeta milanese parla di «esperienza non dicibile», di «mostruoso intontimento», di «Calvario d’Italia» e di «ammazzatoio di Barbableu» usando parole come «orrore», «tanfo», «imbestiamento». La guerra è abisso, è «inghiottitoio» e le poesie di Rebora (qui per la prima volta commentate) ne richiamano la natura vorace, la desolazione assoluta.
«Però se ritorni / Tu uomo, di guerra / A chi ignora non dire; / Non dire la cosa, ove l’uomo / e la vita si intendono ancora». “Tra melma e sangue” testimonia che la Grande poesia non smette mai di parlare.