"Dentro la setta": un fumetto per raccontare la drammatica esperienza delle sette

Stefano Billi
ROMA Se è vero che i fumetti hanno tradizionalmente il ruolo di fornire svago e ristoro al lettore, lasciando dunque ai libri l’arduo compito dell’erudizione, talvolta essi riescono a trasmettere messaggi profondi ed assolutamente seri.

Prova di ciò è “Dentro la setta”, sconvolgente pubblicazione di Louis Alloing e Pierre Henri (edito Coniglio Editore) che racconta una vera esperienza legata alla partecipazione in una setta.
La trama dell’opera fa riferimento all’ingresso di Marion, giovane pubblicitaria protagonista della vicenda, in questa “comunità”; questo personaggio narra, tra le pagine, tutto il periodo trascorso come adepta di questo pseudo-movimento, orientato – a suo dire – allo sfruttamento di coloro che vi si affilano, piuttosto che alla progressione culturale ed individuale dei suoi membri.
In maniera scorrevole ed immediata le tavole raffigurano la drammaticità degli individui che fanno parte delle sette: sottoposti a lavori degradanti e a ritmi di vita disumani, essi sono costretti a subire vere e proprie angherie, che poi spesso sfociano in coercizioni psicologiche.
La tecnica grafica del fumetto è particolare: la scelta dei colori, dove la preminenza è affidata ad un blu quanto mai spento e affievolito, riecheggia l’inquietudine della condizione di Marion, che nel periodo in cui era un’adepta, lamentava una mancanza assoluta di libertà.
In considerazione di ciò vale la pena citare le parole della stessa Marion la quale afferma: “Il fatto che io fossi uscita dalla setta non significava che la setta fosse uscita da me“; così infatti la protagonista descrive le difficoltà provate non appena era riuscita a sottrarsi dalla “comunità”.
Lo stile linguistico è semplice e immediato, certamente proteso a veicolare un messaggio d’allarme e di cautela; per questo nel testo non si ravvisa l’utilizzo di espressioni di particolare complessità o di figure stilistiche elaborate.
Questo fumetto merita di essere letto per la funzione sociale che svolge, e per il valido tentativo di mettere in luce quella che per gli autori è la terribile realtà delle congregazioni para-religiose, che troppo spesso rischiano di tramutarsi, come desunto dall’opera di Louis Alloing e Pierre Henri, in campi di concentramento per lo spirito e l’animo di coloro che subiscono la iattura di farne parte.

Piemme: "Falli soffrire 2.0. Gli uomini preferiscono le stronze. La versione aggiornata"

Alessia Sità

ROMA Al giorno d’oggi, riuscire a costruire una relazione duratura e solida, che vada oltre il primo appuntamento o la routine quotidiana, non è una cosa semplice.
Se siete stanche di elemosinare misere attenzioni da chi è troppo preso solo da se stesso, “Falli soffrire 2.0” di Sherry Argov, pubblicato nel 2011 da Piemme, fa proprio al caso vostro. Troverete ottimi spunti di riflessione sul perché gli uomini, in realtà, preferiscono le stronze.
Attraverso una serie interviste, che l’autrice riporta, si intuisce quanto sia fondamentale per le donne riuscire ad acquisire maggiore sicurezza nei rapporti sentimentali. Talvolta, mettere da parte la ‘brava ragazza’ che è in noi non può che essere un bene.
Se lui non chiama, non preoccupatevi cercando di capire che cosa sia successo o se avete fatto qualcosa di sbagliato, piuttosto coltivate altri interessi. La prima legge del fascino dice che tutto quello a cui nella vita le persone danno la caccia, fugge”. La stessa regola vale anche per gli uomini. “Comportatevi come un dono del cielo e lo trasformerete in devoto credente”. La Argov, però, ci ricorda che essere “stronze” non vuol dire essere maleducate o cattive, ma indipendenti e fiere di mantenere la propria dignità sempre al primo posto. Il successo in amore non si raggiunge curando l’aspetto esteriore, ovviamente anche quello conta, ma la carta vincente, che ogni donna dovrebbe giocare, è quella dell’atteggiamento. Essere uno ‘stimolo intellettuale’ è la caratteristica che gli uomini trovano più attraente. “Una donna viene percepita come uno stimolo intellettuale nella misura in cui l’uomo non sente di avere il cento per cento del controllo su di lei”. Basta mollare le amiche o passare le ore a fare e a rifare trucco e parrucco prima di un appuntamento! Il segreto per piacere veramente all’uomo dei vostri sogni consiste essenzialmente nella vostra personalità, “pensate sempre con la vostra testa e ignorate chiunque tenti di definirvi in termini limitativi”.

“Falli soffrire 2.0 ” non vuole essere una guida su come vendicarsi di chi vi ha spezzato il cuore, ma una sorta di vademecum su come migliorare il proprio comportamento con l’altro sesso, senza dover rinunciare alla propria individualità e alle proprie abitudini.

Con uno stile brillante e spiritoso, Sherry Argov ci regala tante dritte intelligenti per capire quali errori bisogna evitare nel rapporto di coppia per essere realmente felici e soddisfatte.

I 10 Libri sulla Libia

ROMANegli ultimi giorni abbiamo accompagnato le vostre visite al nostro giornale consigliandovi dei libri che parlassero della Libia non solo come terra di guerra. I 10 Libri sulla Libia scelti per ChronicaLibri da Giulio Gasperini vogliono ripercorrere la storia del territorio nord africano attraverso le parole di vecchi romanzi, nuovi saggi e una storia per bambini.

Questi i 10 Libri sulla Libia:
1) Il deserto della Libia, Mario Tobino, Mondadori
2) A un passo dalla forca, Angelo Del Boca, Baldini Castoldi & Dalai
3) Bilal, Fabrizio Gatti, Rizzoli
4) Cento giorni di prigionia nell’Oasi di Cufra, Giovanni Brezzi, Mondadori – vecchissimo! vintagissimo!
5) Deprimenti deserti, Anita Ganeri, Salani (fino agli 8 anni!)
6) Il Grande Mare di sabbia, Stefano Malatesta, Neri Pozza
7) Incontro nel deserto, Knud Holmboe, Longanesi
8) La disfatta di Gasr Bu Hàdi, Angelo Del Boca, Mondadori
9) Gli italiani in Libia, Angelo Del Boca, Mondadori

10) Fiumi di pietra, Angelo e Alfredo Castiglioni, Giancarlo Negro, Lativa

E per i prossimi 10 Libri quale tematica suggerite? 

Vigne, persone, culture…i "Centovini" dei Trimani

Silvia Notarangelo

Roma Selezionare una cantina invece di un’altra, consigliare un buon rosso al posto di un bianco, dimenarsi, con successo, tra le denominazioni doc, docg, igt. Non tutti, bisogna ammetterlo, ne sarebbero capaci. Presunti intenditori o semplici appassionati di vino sono sempre più numerosi, spesso, però, si fermano all’apparenza, a quelle informazioni di servizio indispensabili ma aride, prive di qualsiasi connotazione.

Per conoscere davvero cosa si nasconde dietro una bottiglia, la casa editrice Donzelli propone Centovini, una rassegna curata dalla famiglia Trimani che ha raccolto un numero limitato di vini e spumanti, seguendo un proprio, personalissimo criterio.

E, del resto, chi meglio di una famiglia di vinai attiva nella Capitale da quasi due secoli avrebbe potuto cimentarsi in una simile iniziativa?
Il risultato è un percorso insolito e stimolante, in cui sono le storie che si celano dietro ad un’etichetta, storie note o sconosciute, a raccontare perché la scelta degli autori sia ricaduta proprio su quel vino. Non solo la gradazione, il gusto o il profumo. A distinguere una bottiglia da un’altra, a renderla davvero “speciale” sono gli aneddoti, le intuizioni, talvolta persino dei semplici tentativi andati a buon fine.
Ripercorrendo l’Italia da nord a sud, in un’articolazione che prevede cinque distinte sezioni geografiche, il lettore si imbatte nel Barbaresco della cantina Gaja e nei suoi vigneti soprannominati “sorì”, nelle bottiglie disegnate in esclusiva per il Gran Cuvée Brut dell’azienda bresciana Bellavista, nell’immancabile Sassicaia proposto dalla Tenuta San Guido, davvero sorprendente per la velocità con la quale ha saputo imporsi in tutto il mondo. Scendendo verso sud, si scopre la curiosa vicenda di “un’impenitente astemia”, Paola Di Mauro, divenuta produttrice di un vino che, oggi, non a caso, prende il nome di Donna Paola Marino. E, ancora, si riflette sull’importanza di una passione autentica come quella di Cosimo Taurino che, con il suo Patriglione, continua ad essere un punto di riferimento per l’intera regione pugliese.
La suggestione che si ricava è quella di un panorama italiano ricchissimo e diversificato, in cui a consolidate aziende familiari si affiancano nuove realtà propositive e innovative. Modalità e vigneti diversi per raggiungere, tuttavia, gli stessi obiettivi: qualità e attenzione verso un vino che sappia conservare “una forte e specifica relazione con il territorio d’origine”.

"Bambina e la fatina computerina", Virginia Defendi narra la favola nell’era di internet

Giulia Siena
ROMA “Se lei, Fatina Computerina, fosse riuscita ad aiutare la fanciullina, magari sarebbe stata in grado di aiutare se stessa, portando progresso nel Mondo Fatato!” 
“Bambina e la fatina computerina” di Virginia Defendi (Onirica Edizioni, 2010) è una storia fatata che crede nei sogni. Bambina è stanca di vivere a Grigiolandia, tra le stanze buie e noiose del suo Palazzo Imperiale. Vorrebbe sognare e crescere, ma è intrappolata nei suoi dodici anni per colpa di una punizione imperiale voluta da un avo principiante in materia di magia. Spera almeno che il futuro possa portare più colori e qualche gioia; per questo, leggendo una magnifica storia, invoca l’aiuto di una Buona Fatina. La richiesta di Bambina viene accolta nel Mondo Fatato dalla piccola della famiglia reale delle Fate e dei Maghi, la Fatina Computerina.
Dallo spirito grintoso e ribella, la Fatina Computerina vuole anche lei sovvertire le usanze e le antiche regole del suo bel regno, partendo dalla missione a Grigiolandia e da qualche rivoluzione tecnologica. Ma come colorare il mondo di Bambina nel suo regno triste? Come far valere il suo ruolo di fata lasciando crescere serenamente bambina? Forse i mondi delle due principesse non sono così lontani: entrambe vorrebbero cambiare la staticità che le costringe alla noia. Forse, le vecchie favole unite alla volocità dei nuovi mezzi di comunicazione possono spronare a superare tutti gli ostacoli. Forse, anzi sicuramente, Bambina e Fatina Computerina hanno bisogno una dell’altra, come tutti abbiamo bisogno di qualcuno vicino per i problemi di ogni giorno. Ed è a questo punto che capisci che “Bambina e la fatina computerina” è una favola per tutte le età.

Anteprime: leggi in esclusiva "Brivido eterno", romanzo sensuale e peccaminoso

ROMA – Grazie alla collaborazione con Leggereditore puoi leggere su ChronicaLibri l’esclusiva anteprima di “Brivido eterno”, l’ultimo libro di Larissa Ione in tutte le librerie dal 31 marzo. Il romanzo è il primo volume di una saga intrisa di sensualità, avventura e azione, solo per un pubblico adulto.

1.
Il demone è un principe dell’aria e può assumere diverse forme, ingannare i nostri sensi per un certo periodo di tempo; ma il suo potere è limitato,può terrorizzarci ma non farci del male.
Robert Burton, Anatomia della malinconiaSe non fossero stati in ospedale, Eidolon avrebbe ucciso il
tizio che implorava per la propria vita.

Ma visto che le cose stavano così, avrebbe dovuto salvare
il bastardo.Il paziente rispose con un gemito. «Derc.»
«Ascoltami bene, Derc. Curerò questa brutta ferita, ma farà
male. Parecchio. Cerca di non muoverti. E non gridare come
un diavoletto spaventato.»
«Dammi qualcosa per il dolore, pezzo di merda di un parassita.»
«Dottor parassita.» Eidolon fece un cenno al vassoio degli
strumenti e Paige, una delle poche infermiere umane, gli passò le pinze vascolari.
«Derc, amico, hai mangiato uno dei figli di quell’Umber prima che ti scoprisse?»
L’odio defluì dal corpo di Shade quando Derc scosse il capo,
mostrando i denti affilati, mentre gli occhi brillavano arancioni.
«Allora oggi non è proprio la tua giornata fortunata. Non
hai fatto uno spuntino e non avrai nemmeno qualcosa per il dolore.»
Concedendosi un ghigno sinistro, Eidolon clampò l’arteria
danneggiata in due punti mentre Derc gridava ignobili imprecazioni
e lottava contro le cinghie di contenzione che lo tenevano fermo sul tavolo metallico.
«Bisturi.»
Paige gli passò lo strumento e Eidolon incise sapientemente
tra le due clamp. Shade si chinò per osservarlo mentre tagliava
il tessuto arterioso a brandelli per poi ricongiungere i
due capi nuovamente intatti. Un brivido caldo gli percorse il
braccio destro lungo i segni che aveva sulla pelle fino alle punte
delle dita guantate, e l’arteria si fuse. Il mangiatore di bambini
non avrebbe più dovuto preoccuparsi dell’emorragia.
Dall’espressione di Shade, però, avrebbe dovuto preoccuparsi
di sopravvivere non appena avesse messo piede fuori dall’ospedale.
Non sarebbe stata la prima volta che Eidolon salvava la vita a
un paziente per poi vederlo morire subito dopo la dimissione.

sul monitor accanto al letto. «Potrebbe collassare.»
«C’è un’altra perdita di sangue da qualche parte. Stabilizza la pressione.»
Riluttante, Shade mise il palmo della mano sulla cresta ossea
della fronte di Derc. Le cifre sul monitor scesero improvvisamente,
poi si alzarono ancora e infine si stabilizzarono,
ma il cambiamento sarebbe stato temporaneo. I poteri di Shade
non potevano sostenere una vita che non c’era, e se Eidolon
non avesse trovato il problema, l’intervento di Shade non
sarebbe servito a nulla.
Una rapida valutazione delle altre ferite non rivelò nulla
che potesse spiegare il calo delle funzioni vitali. Poi, proprio
sotto la dodicesima costola, trovò una cicatrice fresca. Sotto
il taglio netto qualcosa gorgogliava.
«Shade.»
«Per le fiamme dell’inferno» disse Shade in un sospiro. I
suoi occhi si mossero in modo frenetico mentre si passava le
dita fra i capelli quasi corvini che, arrivandogli alle spalle, erano
più lunghi ma dello stesso colore di quelli di Eidolon. «Potrebbe
non essere niente. Non è detto che siano stati i ghoul.»
Ghoul. Non si trattava dei mostri che secondo il folklore
umano si nutrivano di cadaveri. Così venivano chiamati coloro
che facevano a pezzi i demoni per vendere le loro parti al
mercato nero degli inferi.
Sperando che il fratello avesse ragione, ma di certo non così
ingenuo, Eidolon premette delicatamente sulla cicatrice.
«Derc, che è successo qui?»
«Mi sono tagliato.»
«Questa è una cicatrice chirurgica.»
L’
la chirurgia sulla loro specie e Derc non era mai stato ricoverato
prima d’allora.
Eidolon percepì il puzzo pungente della paura. «No. È sta-
«La pressione sta scendendo.» Lo sguardo di Shade era concentratoUG era l’unica struttura sanitaria al mondo che praticasse10to un incidente.» Derc strinse i pugni, gli occhi privi di palpebre
erano disperati. «Devi credermi.»
«Derc, calmati. Derc?»
Le spie del monitor cominciarono a suonare e al divoratore
di bambini vennero le convulsioni.
«Paige, prendi il carrello delle emergenze. Shade, alza le funzioni vitali.»
Un misterioso lamento sembrò fuoriuscire da ogni poro
della pelle di Derc e un fetore di bacon andato a male e liquirizia
riempì lo spazio angusto. Paige vomitò la colazione nel
bidone dell’immondizia. Il tracciato dell’elettrocardiogramma era piatto. Shade tolse
la mano dalla fronte del paziente.
«Odio quando fanno così.» Chiedendosi cosa avesse spaventato
Derc a tal punto da fargli decidere di fermare da solo
le proprie funzioni vitali, Eidolon aprì la cicatrice con un
colpo deciso del bisturi, sapendo cos’avrebbe trovato, ma col
bisogno di esserne assolutamente certo.
Shade infilò la mano nella tasca della divisa e tirò fuori l’immancabile
gomma da masticare. «Cosa manca?»
«Il sacco di Pan Tai. Raccoglie i materiali di rifiuto e li reintegra
nell’organismo, così la sua specie non deve mai urinare o defecare.»
«Che praticità» mormorò Shade. «E uno cosa se ne farebbe?»
Paige si tamponò la bocca con una spugna chirurgica, aveva
un colorito ancora verdognolo, anche se il puzzo della morte
del paziente si era prevalentemente dissolto. «Il contenuto
viene usato durante alcuni riti vudu che colpiscono i movimenti intestinali.»
Shade scosse la testa e diede all’infermiera un pacchetto di
gomme. «Non c’è più niente di sacro?» Si voltò verso Eidolon.
«Perché non l’hanno ucciso? Hanno ucciso gli altri.»
«Valeva di più da vivo. La sua specie riesce a farsi ricrescere
un organo nel giro di qualche settimana.»
«Cosa da cui avrebbero tratto profitto.» Shade si lasciò sfuggire
una sfilza di imprecazioni, incluse alcune che Eidolon
non aveva mai sentito nonostante i suoi cento anni d’età. «Deve
trattarsi dell’Aegis. Morbosi bastardi.»
Chiunque fossero i bastardi in questione, erano stati piuttosto
occupati. I paramedici avevano portato in ospedale dodici
corpi mutilati nelle ultime due settimane e la violenza era
andata crescendo. Alcuni segni sui corpi delle vittime indicavano
che erano state squartate mentre erano ancora vive… e coscienti.
Peggio ancora: alla maggior parte dei demoni non importava
nulla, e quelli a cui importava non avrebbero cooperato con
i Consigli delle altre specie per aprire un’indagine. AEidolon
importava, non solo perché era implicato qualcuno con conoscenze
mediche, ma perché era solo una questione di tempo
prima che i macellai acciuffassero qualcuno che conosceva.
«Paige, informa l’obitorio perché vengano a prendere il
corpo e comunica loro che voglio una copia del risultato dell’autopsia.
Ho intenzione di scoprire chi sono questi stronzi.»
«Dottor E.» Eidolon non aveva fatto più di dieci passi
quando Nancy, una vampira che faceva l’infermiera da prima
di essere trasformata, lo chiamò dalla postazione dietro al
banco dell’accettazione. «Ha chiamato Skulk, ha detto che sta
portando qui un Cruentus. Arrivo stimato fra due minuti.»
Eidolon si lasciò quasi sfuggire un gemito. I Cruenti vivevano
per uccidere, il loro desiderio di carneficina era così incontrollabile
che persino durante l’accoppiamento a volte si
facevano a pezzi a vicenda. L’ultimo Cruentus che avevano
avuto come paziente si era liberato delle cinghie di contenzione
e aveva distrutto mezzo ospedale prima che riuscissero a sedarlo.
«Prepara la sala emergenza 2 con le cinghie rinforzate in
oro e chiama il dottor Yuri. Alui piacciono i Cruenti.»
«Ha detto anche che porta un paziente a sorpresa.»
Questa volta Eidolon gemette sul serio. L’ultima sorpresa
di Skulk si era rivelata un cane investito da un’auto. Un cane
che lui poi si era dovuto portare a casa perché lasciarlo uscire
dal pronto soccorso avrebbe significato offrire un bel pasto
a un certo numero di membri dello staff. Adesso quel piccolo
bastardo maledetto si era già mangiato tre paia di scarpe e
aveva preso il controllo del suo appartamento.
Shade sembrava combattuto tra dar sfogo all’irritazione
con Skulk, la sua sorella Umber, e flirtare con Nancy, con cui
era già stato a letto due volte per quel che ne sapeva Eidolon.
«La uccido.» Chiaramente, alla fine aveva vinto l’irritabilità.
«Non se la becco prima io.»
«Lei è off limits per te.»
«Non hai mai detto che non posso ucciderla» puntualizzò
Eidolon. «Hai solo detto che non posso andare a letto con lei.»
«Vero.» Shade si strinse nelle spalle. «Uccidila tu, allora.
Mia madre non mi perdonerebbe mai.»
Shade aveva ragione su questo. Sebbene Eidolon, Wraith e
Shade fossero demoni di pura razza Seminus figli dello stesso
padre ormai defunto, le loro madri erano tutte di specie
differenti e tra loro quella di Shade era la più materna e protettiva.
I segnalatori alogeni rossi ruotarono sui montanti attaccati
al soffitto, per segnalare l’arrivo dell’ambulanza. La luce cremisi
inondò la stanza, portando in evidenza le scritte sulle
pareti grigie. Quella tonalità non era stata la prima scelta di
Eidolon, ma tratteneva gli incantesimi meglio di qualsiasi altro
colore, e in un ospedale in cui tutti erano il nemico mortale
di qualcuno, ogni vantaggio era decisivo. Per questo i simboli
e gli incantesimi erano stati modificati per aumentare i
loro poteri protettivi.
13Invece della pittura, erano scritti col sangue.
L’ambulanza penetrò nei recessi della struttura sotterranea
e l’adrenalina iniziò a scorrere con violenza nelle vene di
Eidolon. Amava questo lavoro. Amava gestire quell’angolino
d’inferno personale, per lui era quanto di più vicino al paradiso
avesse mai trovato.
L’ospedale, situato sotto le strade affollate di New York e
nascosto con la magia proprio sotto al naso degli umani, era
la sua creatura. Ma era anche la sua promessa al genere demoniaco,
che vivesse nei meandri della terra o in superficie insieme
agli umani: sarebbe stato curato senza discriminazioni, la
sua razza non era abbandonata da tutti.
Le porte scorrevoli del pronto soccorso si aprirono con un
sibilo e il paramedico che faceva coppia con Skulk, un lupo
mannaro che odiava tutto e tutti, spinse dentro una barella cui
era stato legato per sicurezza un Cruentus sanguinante. Eidolon
e Shade si misero al passo con Luc: sebbene fossero entrambi
sul metro e novanta, i dieci centimetri in più e la corporatura
imponente del licantropo li faceva sentire dei nani.
«Cruentus» ringhiò Luc, perché non produceva mai altro
suono quando era in forma umana, come in quel momento.
«Trovato privo di coscienza. Frattura esposta di tibia e perone
alla gamba destra. Ferita lacerocontusa alla base della nuca inferta
da un colpo. Entrambe le lesioni si sono rimarginate. Profonde
lacerazioni non rimarginate all’addome e alla gola.»
Eidolon sollevò un sopracciglio. Solo l’oro o armi perfezionate
con la magia avrebbero potuto causare ferite del genere.
Tutte le altre lesioni si richiudevano da sole mentre il Cruentus si rigenerava.
«Chi ha chiamato aiuto?»
«Li ha trovati un vampiro. Il Cruentus e…» indicò con l’unghia
lunga del pollice l’ambulanza alle proprie spalle, dove
Skulk aveva tirato fuori la seconda barella «quella
Eidolon si fermò di colpo, e Shade con lui. Per un istante,

Uno dei medici le aveva tagliato i vestiti di pelle rossa che giacevano
sotto di lei come se fosse stata scuoiata. Adesso aveva
addosso solo le cinghie, reggiseno e mutandine neri e una vasto
assortimento di fodere per armi legate alle caviglie e agli avambracci.
Un brivido gli percorse la spina dorsale a doppia articolazione:
cazzo, no, questo non doveva succedere. «Hai portato
una cacciatrice dell’Aegis nel mio ospedale? Che diavolo ti è saltato in mente?»
Skulk sbottò esasperata, lo fulminò con i penetranti occhi
grigi che si accordavano con la pelle e i capelli cinerei. «Che
altro avrei dovuto farne? La sua partner è finita in pasto ai topi.»
«Il Cruentus ha neutralizzato una cacciatrice?» chiese Shade,
e quando la sorella annuì percorse con lo sguardo l’umana
ferita. I comuni esseri umani costituivano una minaccia insignificante
per i demoni, ma quelli che appartenevano all’Aegis,
un’associazione guerriera volta a sterminarli, non avevano
nulla di comune. «Non avrei mai pensato di ringraziare un
Cruentus. Avresti dovuto lasciare pure questa ai topi.»
«Le sue lesioni potrebbero risparmiarci un po’ di lavoro.»
Skulk snocciolò la lista delle ferite, tutte serie, ma la peggiore
– il polmone perforato – poteva anche accelerare il decesso.
Skulk le aveva praticato una decompressione con un ago e per
il momento la cacciatrice era stabile, il colorito era buono. «E
poi» aggiunse «la sua aura è debole, sottile. Non sta bene da molto tempo.»
Paige si avvicinò a loro, nei suoi occhi nocciola brillava
qualcosa di simile alla soggezione. «Mai vista una Buffy prima
d’ora. Non una viva, comunque.»
«Io sì. Diverse.» La voce roca di Wraith arrivò da qualche
parte alle spalle di Eidolon. «Ma non sono rimaste vive a lungo.
» Wraith, praticamente identico ai fratelli tranne che per
entrambi fissarono la femmina umanoide priva di coscienza.
alle spalle, prese il controllo della barella. «La porto fuori
e la faccio sparire.»
Farla sparire.
che l’Aegis aveva fatto a loro fratello, Roag. Una perdita
che Eidolon ancora sentiva come una crepa nell’anima. «No»
disse, digrignando i denti per quella decisione. «Aspetta.»
Per quanto lo allettasse l’idea di lasciare che Wraith facesse
a modo suo, solo tre tipi di creature potevano essere respinte
dall’
macellai dell’Aegis non erano tra queste. Una svista cui aveva
intenzione di rimediare. Certo, in qualità di quello che era
l’equivalente del capo dello staff medico in un ospedale umano,
lui aveva l’ultima parola: poteva lasciar morire la donna,
ma era stata concessa loro una rara opportunità. I suoi sentimenti
nei confronti dei cacciatori dovevano essere messi da parte.
«Portala in sala emergenza 1.»
«Ascolta,» disse Shade abbassando il tono per la disapprovazione
«averla catturata per poi lasciarla andare non mi
sembra una buona idea in questo caso. E se è una trappola?
E se ha addosso un dispositivo di localizzazione?»
Wraith si guardò attorno come se si aspettasse di vedere i
cacciatori dell’Aegis – loro si facevano chiamare Guardiani – comparire dal nulla.
«C’è l’incantesimo di Protezione.»
«Solo se ci attaccano dall’interno. Se ci trovano, potrebbero
cercare di far saltare l’edificio.»
«Occupiamoci di lei e dopo penseremo al resto.» Eidolon
spinse la barella nella sala predisposta, i fratelli paranoici e
Paige subito dietro di lui. «Abbiamo l’opportunità di imparare
qualcosa su di loro. La conoscenza che potremmo acquisire
supera di gran lunga gli eventuali pericoli.»
Allentò le cinghie e le sollevò la mano sinistra. L’anello argento
e nero che portava al mignolo aveva un’aria piuttosto
innocua, ma quando lo sfilò lo stemma dell’Aegis inciso al suo
interno confermò l’identità della donna e gli provocò un brivido.
Se le dicerie erano vere, qualsiasi gioiello che recasse inciso
quello scudo era imbevuto di poteri che conferivano ai cacciatori
la visione notturna, la protezione da certi incantesimi,
l’abilità di vedere attraverso i mantelli dell’invisibilità… e solo
gli dèi sapevano chissà che altro.
«Sarà meglio che tu sappia quello che fai, Eidolon.» Wraith
chiuse la tenda con uno strattone per lasciare fuori il personale sbalordito.
A giudicare dal numero degli astanti, probabilmente la
voce aveva cominciato a circolare. Venite a vedere Buffy, l’incubo«Non fai così tanta paura adesso, vero, piccola assassina?»
mormorò Eidolon infilandosi i guanti.
Il labbro superiore della donna si arricciò, come se lo avesse
sentito, e lui d’un tratto ebbe la certezza che non avrebbe
perso la paziente. La morte disdegnava forza e cocciutaggine,
qualità che si sprigionavano da lei a ondate. Incerto se la
sua sopravvivenza fosse una cosa positiva o negativa, le tagliò
il reggiseno per controllare le lacerazioni al torace. Shade,
che era rimasto in giro a ciondolare in attesa che iniziasse
il suo turno, stabilizzò le funzioni vitali, attenuando i suoi respiri faticosi e gorgoglianti.
«Paige, determina il gruppo sanguigno e portami una sacca
di gruppo 0 umano mentre aspettiamo.»
L’infermiera si mise al lavoro e Eidolon allargò la ferita più
grave della cacciatrice con il bisturi. Sangue e aria gorgogliarono
attraverso il polmone danneggiato e le pareti del torace
mentre inseriva le dita e univa i lembi lacerati per la fusione.
Wraith incrociò le braccia sul petto, i bicipiti si contraevano
come se volessero partire alla carica e uccidere la cacciatrice

Leggereditore tutti i diritti riservati.
appostato nei nostri armadi e pronto all’agguato.
Era la cosa giusta da fare. Dopotutto, era quellogli occhi azzurri e i capelli biondi – quasi bianchi – lunghi finoUG, in base allo statuto che lui stesso aveva redatto, e i.

«Avolte essere un medico è uno schifo» borbottò, e trafisse
il demone in abiti umani con una siringa piena di enoxacina.
Il paziente urlò quando l’ago penetrò nel tessuto lacerato
della coscia, iniettando nella ferita il medicinale per prevenire
eventuali infezioni.
«Non lo hai sedato prima?»
Eidolon ridacchiò per le parole del fratello minore. «L’incantesimo
di Protezione mi impedisce di ucciderlo. Non mi
trattiene dal dispensare un po’di giustizia durante la terapia.»
«Non riesci a lasciarti il vecchio lavoro alle spalle, eh?» Shade
aprì completamente la tendina che separava due dei tre
cubicoli del pronto soccorso e si avvicinò. «Questo figlio di
puttana mangia i neonati. Lascia che lo accompagni fuori io
in sedia a rotelle, poi gli spaccherò quel culo sciancato.»
«Si è già offerto di farlo Wraith.»
«Se fosse per lui, Wraith liquiderebbe tutti i pazienti.»
Eidolon borbottò. «Probabilmente è un bene che il nostro
fratellino non abbia intrapreso la strada della medicina.»
«Non l’ho fatto nemmeno io.»
«Tu avevi altri motivi.»
Shade non aveva voluto passare troppo tempo sui libri, soprattutto
perché il suo potere di guarigione si addiceva di più
al mestiere che aveva scelto, il paramedico. Tutto quello che
faceva era togliere i pazienti dalla strada e tenerli in vita finché
lo staff dell’Underworld General non li avesse sistemati.
Il sangue gocciolò sul pavimento di ossidiana mentre Eidolon
esplorava con lo specillo la ferita più grave del paziente.
Una femmina di demone Umber – la stessa specie della
madre di Shade – aveva sorpreso il paziente dopo che si era
intrufolato nella camera dei bambini e in qualche modo era
riuscita a trafiggerlo diverse volte con lo scopettino del water.
D’altra parte, i demoni Umber erano straordinariamente
forti nonostante la corporatura minuta. Soprattutto le femmine.
In diverse occasioni Eidolon aveva tratto piacere dall’impiego
di quella forza sotto le lenzuola. In effetti, quando non
sarebbe più riuscito a resistere al ciclo di maturazione finale
in cui era entrato il suo corpo, pensava di scegliere una femmina
Umber come sua prima infadre. Le Umber erano ottime
madri e raramente uccidevano la progenie indesiderata di un demone Seminus.
Mettendo da parte i pensieri che lo affliggevano sempre
più spesso con l’avvicinarsi del Cambiamento, Eidolon diede
un’occhiata al viso del paziente. La pelle, che sarebbe dovuta
essere di un intenso color ruggine, ora era pallida per il
dolore e la perdita di sangue. «Come ti chiami?»

Le ultime Novità Editoriali

ROMA – In libreria dalla settimana scorsa per Fandango c’è “Mustang. Un viaggio” il libro catalogo della mostra fotografica Click! 30 anni d’Asia di Tiziano Terzani poi, da qualche giorno, c’è anche “La cura” di Andrés Beltrami e “L’arte dell’inganno” di Vittorio Giacopini.
Tra le novità della Bompiani troviamo: “Bolle, balle e Sfere di cristallo. L’economia dell’inganno” del giornalista e scrittore Stefano Cingolani, “La rivoluzione dei gelsomini” di Tahar Ben Jelloun e “Più felice del mondo” di Umberto Pasti. Ugo Mursia Editore presenta “GLi angeli di Lucifero”, un libro di Fabrizio Carcano e festeggia l’Unità d’Italia con il libro “Il romanzo dei mille” di Claudio Fracassi. Candidato al Premio Strega 2011 è “Nina dei lupi” di Alessandro Bertante, l’ultima pubblicazione targata Marsilio.
In uscita per le Edizioni nottetempo troviamo “Cultura di destra” di Furio Jesi, “Mostrarsi” Andrea Canobbio e “Baba Jaga ha fatto l’uovo” di Dubravka Ugrešic, oltre che la terza ristampa de “La scoperta del mondo” di Luciana Castellina. Avagliano porta in libreria “Il silenzio del colore nero” di Serena Frediani e “San Gennaro non dice mai no” di Giuseppe Marotta. Tra qualche ora sarà disponibile su ChronicaLibri l’anteprima di “Brivido eterno”, un mix di azione e sensualità firmato Leggereditore, la casa editrice che porta per la prima volta in Italia l’apprezzata autrice Larissa Ione.

"LIBRI COME. Festa del Libro e della Lettura" a Roma da venerdì

ROMA “Libri come” raddoppia. Dopo il successo della prima edizione (arricchita in autunno dal ciclo di “lezioni americane” a New York, che ha visto la partecipazione di Carlo Lucarelli, Nathan Englander, Jonathan Galassi, Stefan Merrill Block e Benedetta Tobagi, Giancarlo De Cataldo, Paula Fox, Gino Roncaglia e Daniel Mendelsohn), la festa del libro e della lettura torna all’Auditorium Parco della Musica di Roma, con un programma di incontri, laboratori, corsi e iniziative per le scuole che non si limita più allo spazio di un weekend, ma si sviluppa su dieci giorni, dal 1° al 10 aprile 2011.

Promosso e organizzato dalla Fondazione Musica per Roma, con la collaborazione di Telecom Italia, partner unico della manifestazione, l’evento conferma e rilancia quegli elementi di originalità che sono stati il punto di forza del suo debutto. In particolare, il desiderio di non fermarsi al cosa di un libro, svelandone invece i segreti del come: come viene scritto, stampato, pubblicato, venduto e… letto. L’edizione 2011 dedica, inoltre, ampio spazio all’editoria digitale. Quest’anno si possono ‘sfogliare’ i libri preferiti anche nella versione ebook e provare una nuova esperienza di lettura con i dispositivi di nuova generazione nello spazio tecnologico biblet cafè di Telecom Italia.
Grandi protagonisti sono gli scrittori, scelti in modo da rappresentare la varietà e le tendenze del panorama letterario nazionale e internazionale. Sul palco dell’Auditorium sfilano autori come Jonathan Franzen, che nell’anteprima di lunedì 21 marzo ha presentato al pubblico italiano l’attesissimo Libertà, ritorno al romanzo a quasi dieci anni da Le correzioni. E poi ancora, il fenomeno letterario dell’autunno americano Nicole Krauss, il re del poliziesco Elmore Leonard, il sociologo della post-modernità e della “società liquida” Zygmunt Bauman, lo scrittore e saggista marocchino Tahar Ben Jelloun, rappresentante di spicco di quell’area maghrebina oggi battuta dal vento del cambiamento politico, sociale e culturale.
Dalla Barcellona medievale raccontata da Ildefonso Falcones al Medio Oriente alla ricerca di un equilibrio tra Israele e Palestina nei testi di David Grossman, dalla labirintica Mumbai di Suketu Mehta ai Balcani di Emir Kusturica, dagli Stati Uniti di Peter Cameron alla Romania di Norman Manea fino al Canada di Mordecai Richler (presenti a Roma la moglie Florence e il figlio Noah), tutto il mondo viene rappresentato sulla mappa di Libri come. Nulla sfugge alla sua lente di ingrandimento, al desiderio di esplorare a fondo il percorso che porta alla nascita di un libro.
Da questo punto di vista, anche l’Italia che si indigna, si entusiasma e si racconta attraverso la pagina scritta, viene raccontata a trecentosessanta gradi. Attraverso l’esperienza di protagonisti della cultura e della letteratura nazionale, come Claudio Magris (a cui è affidata l’apertura di venerdì 1° aprile) e Umberto Eco (protagonista dell’incontro di chiusura, domenica 10 aprile). Attraverso i 150 anni di storia del paese reinterpretati nella maratona-reading del 3 aprile da un gruppo di grandi narratori, tra cui Andrea Camilleri e Alessandro Baricco. Attraverso le mille strade del noir tracciate da maestri del genere come Giancarlo De Catald e Massimo Carlotto; i sentimenti del cuore raccontati da Andrea De Carlo e Chiara Gamberale; le parole messe in “gioco” da Stefano Bartezzaghi e Alessandro Bergonzoni.
L’elenco degli ospiti è lunghissimo, così come il programma è vario e articolato in diversi percorsi che comprendono dialoghi, conferenze, seminari, lezioni. Partendo da un libro si può riflettere su temi spirituali (con il priore di Bose Enzo Bianchi, il teologo Vito Mancuso, il pensatore “eretico” Matthew Fox), sui rapporti tra politica e natura umana (con la filosofa Roberta De Monticelli e lo psicanalista Luigi Zoja), sulle regole della società (con l’ex-magistrato Gherardo Colombo), sulla poesia (con il lirico canto dedicato alla Patria da Patrizia Cavalli), sulle narrazioni orali (con l’attore e drammaturgo Ascanio Celestini) sul cinema (con Francesco Piccolo, lo sceneggiatore di Habemus Papam di Nanni Moretti), sull’universo femminile (con Dacia Maraini e Michela Murgia), sulle relazioni tra storia e romanzo (con Melania Mazzucco e Alessandro Barbero). Si può raccontare la propria esperienza, trasmettere sapere, confrontarsi con altri autori: condividendo i successi e il percorso di una carriera lunga (Antonio Tabucchi, Roberto Calasso) o esprimendo le emozioni del debutto (la tavola rotonda di domenica 10 aprile animata da sei autrici al romanzo d’esordio). Muovendosi tra bestseller (Margaret Mazzantini, Alessandro Piperno, Sandro Veronesi), critica letteraria (Marco Belpoliti) e autobiografia (Helena Janeczek, Walter Siti a Mauro Covacich).
Se i weekend sono affidati ai momenti più spettacolari, durante la settimana l’attenzione di Libri come si concentra sugli studenti: con un occhio di riguardo per la ricorrenza dei 150 anni dalla nascita dell’Italia, protagonista di una serie di lezioni per le scuole in cui Maurizio Maggiani racconta avvenimenti e figure del Risorgimento. E poi ancora con attività didattiche, corsi, conferenze, presentazioni di novità editoriali, laboratori, mostre di illustrazione e fotografia, installazioni artistiche e seminari, raccolti nel Garage, un immenso spazio dove entrare nel sistema della produzione editoriale direttamente insieme ai suoi protagonisti: a caccia di quei motivi che fanno sì che un libro non sia solo un insieme di fogli riempiti d’inchiostro, ma un’avventura complessa che coinvolge talento, passione e professionalità.
Il programma di Libri come è curato da Marino Sinibaldi, con la collaborazione di Michele De Mieri e Rosa Polacco.

Il "Libro Verde" di Gheddafi, una risposta concreta ai problemi del mondo?

Marianna Abbate
ROMA – Sapevate che la democrazia in realtà è una tirannide? Che il Referendum è una frode democratica? Che l’istruzione nelle scuole è una coercitiva pratica della dittatura?

Il “Libro Verde” del  Colonnello Gheddafi (1975) ci illumina la strada della libertà e fa cadere quel velo di Maya che non ci permette di guardare oggettivamente la realtà.
Già dalla copertina comprendiamo l’eccellenza dell’opera del leader libico che si propone di risolvere il problema della democrazia e il problema economico del mondo sviluppando in conclusione la Terza Teoria Universale che ci guarirà dai mali del mondo!
Ma andiamo per gradi e approfondiamo la conoscenza di questa illuminata teoria.
In primo luogo affrontiamo il tema della democrazia, che come apprendiamo dalle prime pagine del libro è una tirannia mascherata.
O Ateniesi, e voi che v’illudevate di aver sviluppato un sistema politico equo e innovativo, ascoltate le parole del Colonnello e riconoscete la rivoluzionarietà del suo pensiero!
Orbene, è chiaro che in una democrazia a governare è il Parlamento. Ma che cos’è il Parlamento se non la rappresentanza di una parte della popolazione? Il governo viene infatti scelto con il 51% dei consensi, è dunque chiaro che il restante 49% non si senta rappresentato e viva dunque sotto un potere che reputa ostile. Lo stesso vale per il partiti che, come indica il nome stesso sono di parte e non desiderano altro che vincere sugli avversari.
Per non parlare poi del Referendum che ci mostra una finta libertà, permettendo al cittadino di scegliere tra sole due opzioni : sì o no. Sarebbe giusto invece che ogni cittadino motivasse le sue scelte, giustificando le ragioni per le quali è contrario o a favore di un determinato provvedimento. Ma non perdiamo tempo occupandoci del Referendum che serve per promulgare leggi, quando il problema fondamentale è proprio che non bisogna codificare le leggi. La legge, infatti, cambia ogni qualvolta cambia il governo, e quello che fino a poco fa era lecito, cambiato il potere non lo sarà più. Bisogna pertanto affidarsi alla Religione, unica fonte della tradizione e del volere popolare e quindi unica norma da seguire.
Bisogna poi riconoscere che la Stampa usurpa un ruolo che non le si addice, e cioè quello di parlare a nome del popolo. Ognuno dovrebbe invece attenersi a parlare soltanto degli argomenti che lo riguardano, e quindi dedicarsi strettamente alla sua materia. Un medico parlerà di Medicina, un giurista di Giurisprudenza. A questo punto viene da chiederci se un politologo possa parlare di Politica, ma Gheddafi viene subito ad illuminarci informandoci che non deve esistere la politica perché è il popolo a detenere direttamente il potere, attraverso i Comitati Popolari. Ci presenta addirittura uno schema circolare nel quale dimostra la sovranità diretta del popolo.
Ecco spiegato perché il Colonnello tenga tanto a non essere chiamato Presidente, ma Leader: una guida spirituale fortemente voluta dal popolo, che incarna il volere del popolo. Perché, secondo Gheddafi, in questi Comitati Popolari regna magicamente la pace e tutti vanno d’accordo e vogliono la stessa cosa.
Passiamo poi alla seconda parte del libro che dovrebbe risolvere il problema economico del mondo. Orbene tutti i salariati sono sostanzialmente degli schiavi, perché sono costretti a scambiare il loro lavoro con del vile denaro. E qui il Colonnello torna a deliziarci con una nuova teoria progressista che essenzialmente propone il ritorno al baratto.
Nell’ultima parte del libro continuiamo a documentarci sull’eclettico pensiero del Leader apprendendo interessanti notizie su praticamente qualunque argomento concerna la vita quotidiana: la Famiglia, la Tribù, la Musica  le Arti , lo Sport, l’Istruzione e quant’altro.
Mi soffermerò, invece, soltanto su quello che Gheddafi dice della Donna, perché probabilmente è dove la sua teoria raggiunge l’apice dell’illuminazione.
Sappiate dunque che, per gentile concessione, dal punto di vista umano la donna è uguale all’uomo. Tuttavia ci sono delle differenze fondamentali che fanno sì che i ruoli dell’uomo e della donna differiscano enormemente: la donna ogni mese ha il ciclo mestruale e l’uomo no. Inoltre la donna, quando non è indisposta è gravida e pertanto impedita (sic!), poi deve allattare, poi c’ha di nuovo il ciclo: insomma due, tre anni se li gioca. E’ una barbarie quindi costringere la donna a svolgere i compiti dell’uomo, d’altronde la donna è tenera, bella, facile al pianto e ha paura.
Concludo qui la mia dissertazione, anche se potrei continuare ancora a lungo, tanto per lasciarvi con queste perle di saggezza e invitarvi con insistenza a leggere con i vostri occhi le parole del governante di un paese così vicino al nostro. Troppo vicino.

Campo libero all’immaginazione con "Se una notte d’inverno un viaggiatore"

Stefano Billi

Roma – Sicuramente ad ogni lettore sarà capitato di leggere alcune pagine di una storia e poi di interrompere questa lettura per lasciare andare liberamente la propria immaginazione, cosicché il risultato che deriva da questa esperienza consiste in un intreccio di nuove storie, alcune stampate e fuoriuscite dalla penna di un autore, altre puramente sognate ed appartenenti ad una fantasia sconfinata ed impetuosa.
Ecco, questo fenomeno non deve destare preoccupazione: anzi, esso rappresenta proprio la caratteristica peculiare di “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, strabiliante romanzo scritto da Italo Calvino (edito Mondadori).
Il libro prende spunto da una vicenda iniziale, per poi dipanarsi in altre dieci avventure tutte concatenate tra loro: il lettore è così catapultato da una situazione all’altra, indifeso rispetto a situazioni del tutto nuove rispetto ai contesti narrativi precedenti.

Ma proprio questi “salti” creati dal Calvino rendono l’opera assolutamente originale: “Se una notte d’inverno un viaggiatore” è un testo così spiazzante, che affascina e solletica l’attenzione.
Da una pagina all’altra cambiano i protagonisti della vicenda, mutano i luoghi e le tematiche del racconto: ma questi stravolgimenti non affaticano affatto la lettura perché l’autore, attraverso uno stile inconfondibile e sicuramente mirabile, riesce a trovare sempre il momento giusto in cui rapire il lettore per portarlo da una storia all’altra.
La penna del Calvino delinea un modus scrivendi così arguto e ricercato, che si percepisce tutto il valore di una narrazione come questa, che eleva l’autore al rango dei più grandi scrittori che l’Italia abbia mai avuto.
Da considerare poi come, leggendo attentamente, si possano trovare in ogni avventura degli indizi che comporranno la conclusione di un libro così avvincente come davvero pochi altri.
“Se una notte d’inverno un viaggiatore” è l’opera che non ci si aspetta: neanche il lettore più smaliziato è in grado, se non arrivando sino all’ultima pagina, di comprendere come vada a finire il testo, e soprattutto, ogni storia è così inaspettata che quando la si inizia a leggere, si percepisce proprio uno smarrimento provocato dal trovarsi di fronte un quid totalmente nuovo e certamente sconvolgente.
Quest’opera, preziosa come un Brunello d’annata, va gustata con la giusta concentrazione e la sana voglia di lasciarsi sconvolgere da un testo che emana tutta la sua straordinaria creatività.