Daniela Distefano
CATANIA – “Che cosa significa “dal basso”? Significa, in primo luogo definire il potere dalla prospettiva dei subordinati, la cui conoscenza si trasforma attraverso la resistenza e le lotte di liberazione dal dominio di coloro che sono “in alto”. Chi sta in basso possiede una conoscenza più completa della totalità sociale, un vero e proprio dono che può essere utilizzato da un’impresa moltitudinaria come punto di partenza per costruire il comune. Dal basso indica anche una traiettoria politica: un progetto istituzionale che ha non solo la forza di sovvertire il comando, ma anche la capacità di costruire politicamente una società alternativa”.
Assemblea (Ponte Alle Grazie) di Michael Hardt e Antonio Negri è un volume destinato ad aprire un dibattito-fiume sulle pratiche teoriche del pensiero economico moderno. Il titolo originale in inglese del libro gioca sul doppio senso della parola Assembly, che indica sia l’assemblea che la composizione di elementi – il “concatenamento macchinico” – fuori e dentro le nuove catene di montaggio del lavoro globale.
Quale sia la posizione dei due studiosi è presto detto: i movimenti “senza leader” a livello globale – da Gezi Park e Piazza Tharir a Occupy Wall Street, da Black Lives Matter agli Indignados a Ni Una Menos – hanno contestato le politiche governative e alle volte rovesciato regimi, ma senza riuscire ad attuare un cambiamento duraturo. Come realizzarlo? Dopo Impero, Moltitudine e Comune, Hardt e Negri individuano nell’assemblea la capacità di ripensare la democrazia e realizzare il “comune” superando la proprietà privata.
“Se la ricchezza oggi tende a essere prodotta non dagli individui ma solo da reti sociali cooperative estese, allora i risultati dovrebbero essere di proprietà della rete produttiva nel suo insieme, che non è altro che l’intera società. Dovrebbero cioè non essere proprietà di nessuno. La proprietà deve diventare non-proprietà e la ricchezza deve diventare comune”. I due scardinano i pilastri del capitalismo in crisi: “La libertà di essere imprenditore di sé stesso e di amministrare la propria vita si traduce per la maggioranza in precarietà e povertà”.
Questa l’estrema e non esaustiva sintesi del pensiero di fondo del libro. E’ vero: il capitalismo è sfibrato dai suoi stessi logoramenti. I movimenti carsici degli ultimi decenni ne hanno accelerato l’infiammazione cutanea, ma siamo certi che la soluzione provenga dal sovvertire la clessidra sociale? “Il basso” è tiranneggiato dall’ “1%” che detiene tutto. Tutto preventivato da anni di anticorpi letterari:
“Quello che si sta preparando nel pianeta azzurro è un mondo per ricchi (la ricchezza come una nuova forma di arianesimo), un mondo che non potendo, ovviamente, fare a meno dell’esistenza dei poveri, ammetterà di conservare solo quelli che saranno strettamente necessari al sistema” – scriveva José Saramago. E anche su questo sono d’accordo. Però c’è qualcosa che non mi torna.
Quando ho compiuto 18 anni non volevo fare una festa di compleanno, troppo superata nella mia concezione di anarchica verso ogni tradizione conformistica. Così mia madre mi disse che non avrei avuto una festa dei diciotto anni, ma una semplice “non- festa”. L’idea iniziale era di una riunione con pochi richiami festanti. Alla fine, ebbi la mia non-festa con invitati, torta, vestiti nuovi (ma non eleganti!). La mia non-festa ebbe successo, ma non ne feci più. Nessuna festa di compleanno e nessuna non -festa. Capii l’antifona. Perché mi sovviene questo ricordo remoto? Perché “il comune” cui fa riferimento il presente volume non mi pare lontano dall’idea di “comunismo”; perché sembra la sua versione “light”, revisionata, rimodulata, corretta, e presentabile. L’idea di fondo non è malvagia. Ma siamo certi che il “comune” e le sue battaglie per la giustizia sociale, l’uguaglianza (sacrosante) non siano uno strumento che porterebbe a una ulteriore accelerazione verso il Nulla? Le prime comunità cristiane vivevano il “comune” come forma di sottomissione a Dio (“Vai, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri” – Vangelo) . Ma prima di auspicare questa forma di palingenesi economica, occorre soffermarsi su quello che affermava una Santa, Madre Teresa di Calcutta: “Non abbiamo diritto di giudicare i ricchi. Da parte nostra quello che desideriamo non è uno scontro di classi, ma un incontro perché i ricchi salvino i poveri e i poveri salvino i ricchi”. Credo in queste parole più che in mille lotte, combattimenti e rovesci sociali.
Antonio Negri (Padova, 1933) ha insegnato all’Università di Padova, all’ENS e in altre università europee, americane e asiatiche. I suoi libri – Marx oltre Marx, L’anomalia selvaggia, Descartes politico, Lenta ginestra, fino a Impero e Comune sulle trasformazioni del lavoro, del diritto e dello Stato –, tradotti nelle principali lingue, lo hanno imposto come uno dei più rilevanti pensatori a livello internazionale. È uno degli animatori del collettivo internazionale EuroNomade.
Michael Hardt è un teorico letterario e filosofo politico. Insegna alla Duke University. Allievo di Frederic Jameson, insieme a Toni Negri è autore, oltre che di Assemblea, di altri tre volumi: Impero, Moltitudine, Comune (tutti editi da Rizzoli).
Una curiosità : un gruppo di 20 professionisti ed esperti di grafica editoriale ha selezionato 60 copertine uscite in edizione italiana nel 2018 e fino a maggio 2019. La più votata dalla giuria è la copertina di questo testo, realizzata da Maurizio Ceccato.