Giulia Siena
PARMA – Martina aveva riposto i suoi sogni; ora era una trentenne qualsiasi: lavoro precario, amici, sì, ma ognuno con le proprie vite, pochi uomini e tutti “parziali”, un piccolo monolocale in una grande città da cui non si aspettava più nulla. Annoiata e distratta aprì uno dei tanti annunci su una chat di incontri e si sorprese leggendo le parole di Lorenzo. Lorenzo, a chilometri di distanza, cercava “una farfalla, libera e creativa” che lo potesse seguire sulla sua isola. Sedotta da quell’idea di libertà, Martina tornò con la memoria a qualche anno prima, all’amore con Damiano, a quella sensazione di ali che si schiudono per poi scomparire. Martina rispose e, per quelle parole, divenne Alice.
Le prime pagine de L’uomo isola, il nuovo libro di Emanuele Ponturo in libreria dal 28 aprile per Avagliano Editore, sono già una scoperta, cariche di intensità e attesa. Martina (Alice) e Lorenzo cominciano una corrispondenza fatta di richieste, racconti, immagini e indizi. Intanto, la vita continua: Martina nella scuola dove ogni giorno sale in cattedra mettendo da parte le sue aspirazioni; Lorenzo nel suo camping sull’Isola Piccola in attesa dell’estate. Le parole si fanno sensuali e le richieste dell’uomo solitario spogliano la donna delle sue perplessità: Martina comincia a vestirsi di innocente malizia, colora le sue labbra, veste la sua pelle di nuova biancheria intima, raccoglie quelle parole facendole aderire al suo corpo morbido e cattura le immagini in foto che arriveranno dall’altra parte del mare. Quel mare nasconde una storia passata, nasconde il ricordo di Eleonora, la piccola sirena. Lorenzo scrive e racconta, Lorenzo osserva, aspetta e dà ordini. Ordina carezze, arriva l’attrazione, nasce il legame. Ma fino a che punto ci si può spingere?Passano i mesi e Martina sale su un traghetto. Scende sull’isola. Incontra lo sguardo dell’uomo che non aveva mai visto e riconosce i suoi gesti, la forza delle sue mani, il passato nelle sue rughe solcate dal sole. Nel loro incontro Martina trova la libertà, ma non il coraggio di palesarsi. Trova la forza per ammettere a sé stessa di essere cambiata, di ritrovare, ora, quella farfalla che aveva dimenticato di essere. Mentre la sua consapevolezza cresce, Lorenzo si apre al dialogo con quella turista venuta da lontano; si riconoscono e le sicurezze dell’uno diventano punto di partenza per l’altra.
Dopo “L’odio. Una storia d’amore”, Emanuele Ponturo torna alla scrittura e lo fa con un romanzo che stordisce per ritmo, linguaggio, sensazioni. Le parole sono piccole lame che percorrono ogni pagina: dirette, affilate e taglienti. Ponturo mette a punto un romanzo di cui si sentiva la mancanza poiché ammaliante, seducente e necessario; non tanto per tematiche o ambientazione, quanto per forza emotiva, capacità narrativa e uso del linguaggio.
Aspettate ancora qualche giorno, poi L’uomo isola sarà in libreria.
“E c’erano i capelli da accarezzare, l’odore salmastro, le strade da per- correre, le insenature, e le piccole chiese dove ti puoi fermare, da cui puoi guardare il mare. L’uomo isola le conteneva tutte, lei avrebbe voluto portare un fiore con sé, lasciarlo su quell’altare, l’altare dell’uomo isola, dentro un abito bianco, scalza, sarebbe voluta arrivare a lui e piegarsi sul confessionale, e non sapeva bene di cosa ma sì, si pentiva, voleva espiare tutte le sue colpe per non averci creduto prima, di non averci creduto fino in fondo, di aver dubitato dell’amore”.