La storia dell’inno di Mameli (e Novaro)

Il Canto degli ItalianiGiulio Gasperini
AOSTA – Tutti ne sanno canticchiare almeno una strofa, imparata a memoria più che per patriottismo per averla biascicata prima di qualche partita di calcio più o meno fortunata. Ma l’Inno di Mameli, che il 12 ottobre 1946 fu proclamato Inno nazionale della Repubblica italiana con carattere “provvisorio”, è ben più di un jingle di apertura di un mondiale o un’olimpiade. Proprio per capire questo è utilissima la dettagliatissima ricerca anche discologica dell’Inno nazionale italiano realizzata da Gianluca Tarquinio e edita da Edizioni Kirke: Il Canto degli Italiani, con allegato un CD contenente registrazioni storiche tratte dalla collezione di Domenico Pantaleone.
Il testo di quello che è conosciuto come Inno di Mameli (o Fratelli di Italia) fu scritto nell’autunno del 1847, da Goffredo Mameli, il quale richiese la musica a un suo concittadino, Michele Novaro, il cui nome è oggi troppo spesso dimenticato. La prima esecuzione è del 10 dicembre 1847, sul piazzale antistante il Santuario di Nostra Signora di Loreto a Oregina. Dopo aver condiviso la notorietà durante il Risorgimento con altri canti altrettanto famosi, come Addio mia bella addio e La bandiera dei tre colori, il Canto degli Italiani ottenne la consacrazione quando Giuseppe Verdi lo inserì, seppur con inserti minori rispetto agli altri inni europei, all’interno del suo Inno delle Nazioni nel 1862.
Il Canto degli Italiani di Mameli aveva però conquistato una diffusione senza pari, guadagnandosi la considerazione e gli apprezzamenti di importantissimi esponenti della cultura italiani, tra cui Giosue Carducci che lo definì “il più trascinante inno guerresco dopo la Marsigliese”. La diffusione dell’inno è sottolineata anche dal proliferare di altri “canti degli italiani” che prendevano Mameli e Novaro a modello. L’Inno giunse poi in Sicilia a seguito dei Mille, mentre dopo il 1870, con la Breccia di Porta Pia e la conquista di Roma, l’Inno di Mameli si afferma prepotentemente come colonna sonora della presa capitolina. Durante il Ventennio fascista Fratelli di Italia fu messo in disparte, sostituito da canzoni più consoni al regime, fino a ritornare prepotente dopo la firma dell’armistizio e veder riconosciuto il suo status di “provvisorio” inno italiano con il 1946.
La produzione discografica dell’Inno ha inizio l’11 dicembre 1901, con il 78 giri della Zonofono, registrato dalla Banda di Milano, e da lì inizia una serie di incisioni, spesso amputate e parziali (delle sei strofe dell’inno spesso ne vengono cantate solo le prime tre o quattro), tutte raccolte in questo saggio esaustivo e puntuale, che con una precisione estrema ci dà notizia di ogni testimonianza sonora del Canto degli italiani per eccellenza. Quell’Inno che riscopriamo solamente sui campi di calcio per uno sterile senso di patriottismo sportivo, ma che finisce molto più spesso per dividere e incattivire, al servizio di una politica e di una società che hanno tradito i loro ruoli.

Informazioni su Giulio Gasperini

Laureato in italianistica (e come potrebbe altrimenti), perdutamente amante dei libri, vive circondato da copertine e costole d’ogni forma, dimensione e colore (perché pensa, a ragione, che faccian anche arredamento!). Compratore compulsivo, raffinato segugio di remainders e bancarelle da ipersconti (per perenne carenza di fondi e per passione vintage), adora perdersi soprattutto nei romanzi e nei libri di viaggio: gli orizzonti e i limes gli son sempre andati stretti. Sorvola sui dati anagrafici, ma ci tiene a sottolinare come provenga dall’angolo di mondo più delizioso e straordiario: la Toscana, ovviamente. Per adesso vive tra i 2722 dello Zerbion, i 3486 del Ruitor e i vigneti più alti d’Europa.
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