Luca Vaudagnotto
AOSTA – Ci sono molte ragioni per leggere La sepolta viva, di Francesco Mastriani, edito con coraggio da Rogas Edizioni: si tratta, infatti, della ripubblicazione di un romanzo d’intrattenimento datato 1889 e tradotto in linguaggio cinematografico nel 1948 dal regista Guido Brignone.
“Ah! Che bell’italiano!”, è il primo pensiero del lettore, appena terminate due pagine del libro: si rimane increduli e stupiti dalla qualità della lingua impiegata da Mastriani, pur rivolgendosi a un pubblico vasto ed eterogeneo, dalle espressioni ricche e dal lessico a tratti addirittura aulico (l’uso di verbi come “palesarsi”, o di vocaboli come “il sembiante”, “rivendugliolo” o ancora espressioni come “mettere a parte qualcuno”): sembra, talvolta, di scorrere un libretto d’opera; ma a guardar bene, è ancor più sorprendente trovare in queste pagine espressioni che ci appaiono estremamente contemporanee (“il cuore schiantato” o “gettar luce” su un fatto poco chiaro).
Chiaramente, poi, si ritrovano nel romanzo dello scrittore napoletano, definito da Benedetto Croce “il più notabile romanziere del genere che l’Italia abbia mai dato”, tutti gli elementi della letteratura di consumo in stile risorgimentale: un certo gusto per l’horror ante litteram, alla Edgar Allan Poe, per intendersi, l’attitudine a pescare dall’immaginario collettivo (stiamo leggendo, in effetti, una sorta di favola di Cenerentola in salsa realistica), una certa visione stereotipata dei ruoli maschili e femminili (con una buona dose di misoginia, ça va sans dire). Si incontrano però, parallelamente, anche diversi temi insospettabilmente attuali, come la violenza domestica e la latitanza della giustizia.
È la costruzione del romanzo, tuttavia, la vera sorpresa ne “La sepolta viva”: il romanzo si costruisce, infatti, con lo svilupparsi della vicenda. Il narratore è l’autore stesso, che inganna il lettore facendogli credere di leggere un reportage e non il frutto dell’invenzione narrativa. Così spesso ci imbattiamo nel nostro protagonista/autore, che è chiaramente scrittore anche nella storia, che si muove a tentoni, immaginando capitoli e racconti, scegliendo episodi: una sorta di tecnica del realismo, potremmo dire, che cattura completamente chi legge; parafrasando lo stesso Mastriani, infatti, il più grande difetto che un libro possa avere è quello di essere noioso. Se a ciò aggiungiamo il ritmo di una fiction, il coinvolgimento diretto del lettore, attraverso domande dirette o confidenze più o meno veritiere, ci troviamo di fronte a un vero e proprio psico-thriller come lo intendiamo oggi.
“La sepolta viva”: storia della Cenerentola della letteratura italiana
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