Luca Vaudagnotto
TORINO – “Sono venticinque anni che vengo al Salone, ci sono sempre venuta; è un’esperienza imprescindibile, fonte di riflessioni, non sempre positive però”. L’auto si mette in moto e partiamo: iniziamo così il nostro viaggio alla volta del Salone del Libro di Torino 2015 chiacchierando con Viviana Rosi di End Edizioni, che ci dà un passaggio e uno sguardo attento sulla manifestazione. “È un evento particolare – continua l’editrice – Ti permette di percepire dove sta andando l’editoria ed è una bella vetrina per i nuovi editori; spesso però si incontra anche chi approccia il libro solo in quell’occasione, anche per tutto il contorno che c’è, o che frequenta solo gli stand delle grandi case editrici”. Ed è proprio questo che ci interessa e ci preme raccontare. Una volta dentro gli immensi spazi del Lingotto, andiamo a caccia di editori indipendenti e delle loro esperienze: insomma, vogliamo capire “il Salone dei piccoli”.
Raggiungiamo L’Orma Editore: “Per noi è il secondo anno al Salone ed è sempre un’esperienza entusiasmante: nonostante sia un impegno economico notevole, siamo ampiamente ripagati. Con i grandi stand – prosegue – non c’è un rapporto vero; però, in qualche modo, è lusinghiero per noi stare accanto a loro: qui al Salone, a differenza dei festival dedicati alla piccola e media editoria, è bello trovare tutte le realtà editoriali assieme, perché così è il libro che parla, e non il fatturato”.
Tutt’altra opinione troviamo, invece, dalla neonata Corrimano Edizioni: “Per ora abbiamo la sensazione che lo sforzo economico che il Salone richiede per potervi partecipare non sia ripagato; siamo un po’ delusi, ad esempio, dalla posizione che ci hanno assegnato, un po’ ai margini, lontana dal passaggio importante e difficile da trovare. Ci sentiamo un po’ oppressi dagli stand lussuosi delle major del libro.”
Homo Scrivens osserva, invece, un fenomeno significativo: “Il Salone è un luogo di semina per noi, anche se sempre meno frequentato da addetti ai lavori. I librai, ad esempio, che nei primi anni erano numerosi, non vengono quasi più, forse anche perché ora è una categoria in via di estinzione: i librai veri, indipendenti, sono sempre meno”. Così come i lettori indipendenti, ci sembra di capire: “Rispetto a manifestazioni dedicate esplicitamente alla nostra realtà, qui al Salone noi piccole case editrici siamo penalizzate dalla presenza dei grandi marchi”; e ci fa una confessione, in chiusura: “Mi incuriosisce sempre chi compra nei grandi stand dove non si pratica alcuna riduzione del prezzo: potrebbe trovare lo stesso prodotto scontato nella libreria sotto casa oppure online”.
Clichy Edizioni, che esordisce perentoria affermando che “Se non sei qui non esisti”, è di tutt’altro avviso circa librai e librerie: “Vediamo queste piccole signore che prendono appunti e si informano: è fondamentale per noi questo contatto con librai indipendenti. In questo il Salone ci ha cambiato la vita: dall’anno scorso abbiamo avuto una svolta”. Non sembrano accusare per niente la vicinanza delle grandi marche, anzi: “È bello vedere riunito il mondo dell’editoria”.
Esserci, anche per Neo Edizioni, è un imperativo, anche se difficoltoso da mantenere: “Il costo del Salone sta diventando troppo alto per noi ed i servizi che ci offrono sono ridotti all’osso, ma dobbiamo esserci: qualcosa ci ritorna sempre, che sia in termini di visibilità o di vendita diretta, e questo anche grazie al richiamo degli editori più noti”.
Chiudo la portiera della macchina, alla fine di questa giornata ricca ma stancante, e chiedo, a sera ormai inoltrata, un’ultima riflessione a Viviana mentre ci riporta a casa: “Il parterre dell’editoria indipendente è davvero il polso della situazione italiana, perché è quella che si lancia in progetti innovativi, affronta letterature sconosciute o si dedica alla militanza culturale, sociale o politica che sia. Il nascere e l’estinguersi di queste realtà ci dice molto sull’Italia; ma cosa si legge lo dettano ancora i grandi editori”.