ROMA – Flavia Amabile è nata a Salerno. L’amore per la sua terra si sente in ogni riga del suo romanzo, in ogni parola. Fiordamalfi, pubblicato da La Lepre, trasmette quella sensazione di vivere in una cartolina che prova chiunque sia mai andato a visitare quella terra. Come se fosse sempre primavera.
Un posto fuori dal tempo, dove le donne fanno assaggiare i paccheri per verificare a cottura e non si scompongono quando gli uomini fanno i “saputi” in cucina. È da questo che si capisce che Flavia Amabile non vive più lì. Questa nostalgia un po’ sacra e un po’ pura ha ben poco a che vedere con la vita reale, somiglia a quei romanzi sulla Toscana che gli americani amano tanto.
Che non abiti più lì si capisce anche dal protagonista. Mi verrebbe da sospettare che sia quasi l’alter ego dell’autrice: un uomo che prende il coraggio a due mani e dalle pretenziose passerelle milanesi si trasferisce ad Amalfi a coltivare i limoni. Con il figlio di due anni, lasciando tutto com’è.
Sono belli anche i personaggi in secondo piano, la popolazione locale: il postino, l’autista spericolato, i paesani. Personaggi che hanno un’intelligenza diversa, che ragionano in modo totalmente distinto dal professionista di città.
E poi c’è il sottofondo di giallo: la lotta per tenere il figlio e gli impicci antichi di un padre che si è fatto fregare.
Il ritorno alle origini, alla natura, alla vita bucolica è un leitmotiv che troveremo spesso in libreria. Le nostre vite frenetiche hanno bisogno di staccare, di riposarsi. Per questo consiglio questo romanzo: non provoca un completo distacco dalla realtà, ma ci aiuta ad accettarla. Scappare in campagna non significa risolvere i problemi, che ci inseguiranno in capo al mondo. È una concretezza femminile, quella di Flavia Amabile, che ci trasporta in un mondo sognante, rimanendo con i piedi per terra. Con un vasetto di marmellata di limoni in mano.