"I grandi casi di Sherlock Holmes": elementare Watson!

Marianna Abbate
ROMA
– Tutti conosciamo Sherlock Holmes, l’infallibile detective per antonomasia, che scioglie misteri irrisolvibili agli occhi dei comuni mortali. Ma quanti saprebbero enumerare i suoi più torbidi segreti? Quanti conoscono il vero Sherlock che si nasconde dietro alla lente d’ingrandimento e al fumo dell’inseparabile pipa?

Grazie alla raccolta dei romanzi di Sir Arthur Conan Doyle, pubblicata da Newton Compton, possiamo approfondire la nostra conoscenza su questo insuperato maestro del crimine.  La raccolta comprende quattro romanzi,i tra i quali spiccano “Uno studio in rosso” e “Il cane dei Baskerville”, due capolavori del giallo. Dalle intriganti pagine di sir Arthur apprendiamo che Holmes era un cocainomane, depresso, che non riusciva a vivere appieno senza l’emozione che traeva soltanto dalla risoluzione dei casi più arzigogolati. Guidati per mano dal dottor Watson veniamo a conoscenza del fatto che il detective non provava alcuna attrazione per le donne e per la sessualità in generale, ma riusciva ad appassionarsi  agli studi sui diversi tipi di terriccio presenti a Londra e sulle innumerevoli  qualità di ceneri di tabacco, tanto da riuscire a distinguerle a prima vista.
Conan Doyle non nascondeva di aver tratto l’ispirazione per il suo personaggio dalle pagine dei gialli di Edgar Allan Poe, traendo spunto dalla figura dell’investigatore Dupin anche nel metodo deduttivo e risolutivo dei casi,tanto che alcuni dei racconti di Doyle potrebbero tranquillamente essere accusati di plagio. Ma i romanzi di sir Arthur sono riusciti a ricavarsi un proprio, meritatissimo, posto nella biblioteca dei classici, appassionando milioni di lettori e contribuendo in maniera sensibile al successo del giallo.  
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