“Zagreb”

Aìsara_recensione Zagreb_chronicalibriSilvia Notarangelo
ROMA – L’orrore della guerra raccontato dagli occhi di un adolescente: la follia omicida, l’incredibile senso di onnipotenza, la straziante presa di coscienza. Si legge tutto d’un fiato “Zagreb”, il coinvolgente romanzo di Arturo Robertazzi, pubblicato da Aìsara.

Il protagonista del libro è un ragazzo che, inaspettatamente, si ritrova complice e artefice di un terribile quanto inarrestabile vortice di violenze. Al grido di “Puntare! Mirare! Sparare!” assolve, con una certa soddisfazione e leggerezza, al compito di eliminare i tanti prigionieri racchiusi all’interno di una fabbrica dismessa, la Base. Prigionieri che hanno perso le loro fattezze umane per diventare una “creatura informe, con cento occhi e cento gambe”.
Tra di loro, silenzioso e quasi irriconoscibile, si nasconde un vecchio amico del protagonista: Dražen Vivić, un ragazzo come lui, uno dei tanti che, improvvisamente, la guerra ha trasformato in un nemico da sterminare. Eppure sono proprio i suoi occhi a restituire la vista al protagonista, a fargli scorgere, per la prima volta, non più una massa indefinita ma “tanti disperati sull’orlo della fine”. Una terribile consapevolezza inizia ad affiorare: “la Base è un mostro che ingoia carne e sputa ossa, è un mostro che mangia uomini e vomita soldati”. Dopo tre mesi di assedio, non c’è alcun vincitore, solo un’infinità di sconfitti.
Il primo desiderio del ragazzo, allora, non può che essere quello di scappar via, allontanarsi il più possibile da un inferno in cui si è lasciato trascinare. Prima, però, deve salvare Dražen e Darka, la sua Darka, quella ragazza che aveva conquistato il suo cuore e che ora si ritrova, nel buio di una cella, ad attendere il suo turno.
Anche la guerra, tuttavia, può riservare dei colpi di scena e se è scontato non aspettarsi un happy end, ci penserà, comunque, una bomba scagliata sulla Base a mettere tutti a tacere, a seppellire sotto le macerie tutti quegli uomini divenuti una “Bestia colma di odio e assetata di morte”.

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