Cinque racconti inediti dal genio di Bertolt Brecht
Giulia Siena
PARMA – Personalità non semplice del Novecento artistico internazionale, Bertolt Brecht (1898-1956) rimane il più grande drammaturgo che la Germania abbia mai conosciuto. La sua produzione fu fortemente influenzata dalla necessità di esaltare il lato emotivo della realtà; il teatro – genere in cui Brecht trovò la sua massima espressione – divenne “epico”: lo spettatore doveva distaccarsi, provare straniamento, evitare di immedesimarsi. Brecht, quindi, fu un rivoluzionario, al punto che, quando aderì al marxismo nel 1926, il teatro divenne per lui il mezzo attraverso il quale il pubblico dovesse prendere una posizione nei confronti della realtà.
La visione politica entrò a gamba tesa nella sua produzione e andò a stravolgere i rapporti con le autorità della Germania socialista. In questo groviglio di ideali, proposte estetiche e spostamenti tra Europa e America, Brecht non abbandonò mai la scrittura; da una delle prime opere ispirata alle Sacre Scritture, La Bibbia, il drammaturgo tedesco si dedicò non solo al teatro, ma scrisse poesie e diverse opere narrative progettando tre raccolte di cui solo una venne data alle stampe. Dell’ampia produzione di racconti – molti pubblicati post mortem – pochi sono giunti al pubblico italiano. Lo scorso luglio la casa editrice Via del Vento ha pubblicato Barbara e altri racconti inediti. Il volume, curato da Vincenzo Ruggiero Perrino, raccoglie cinque storie nate in periodi diversi (tra gli anni Venti e gli anni Trenta), tanto da riflettere ispirazioni e stili differenti. In questi racconti emergono personaggi cinici e dissacranti, personalità “teatrali” che si muovono veloci negli scenari bui e claustrofobici creati dall’autore.
Barbara e altri racconti inediti rimane una importante testimonianza della scrittura di Brecht: affilata, sagace, veloce e fortemente evocativa. La visione sociale e politica di Bertolt è evidente in ogni azione dei suoi personaggi, specchio di una società che lentamente – e inesorabilmente – si avviava verso un declino morale.
Per lungo tempo mi sono chiesto come si dovesse intitolare questo racconto. Ma poi ho capito che doveva essere “Barbara”. Ammetto che la stessa Barbara appare soltanto giusto all’inizio, e che viene presentata un po’ ovunque in una luce poco lusinghiera, ma è un racconto che può essere intitolato soltanto “Barbara”.