Giulia Siena
PARMA – “E segnare la pagina aveva, e tuttora ha, lo scopo di non smarrire la traccia del nostro passaggio di lettori all’interno del testo, quale testimonianza di una passione, di una fedeltà, ma anche di un’ossessione”. L’appuntamento con la lettura ci viene ricordato dal segnalibro; ognuno di noi ha il proprio che può essere – a seconda del periodo, del caso o del contesto – un fedelissimo e storico oggetto oppure un biglietto del treno, dell’autobus, uno scontrino, la stessa fascetta del libro o l’etichetta del nostro ultimo acquisto.
Eppure la storia del segnalibro comincia moltissimi anni fa, sicuramente prima delle caratteristiche manicule disegnate ai margini dei manoscritti del XII secolo a “segnalare” il punto di arrivo della lettura. L’excursus dello studioso Massimo Gatta sulle modificazioni (di forma e materiali) di questo oggetto essenziale e molte volte scontato viene fatto in Breve storia del segnalibro (Graphe.it Edizioni).
Il piccolo saggio propone un viaggio interessante attraverso i secoli per tracciare l’origine e la storia del segnalibro fino alla sua evoluzione a bookmark . L’analisi di Gatta parte da lontano, ovvero dal ritrovamento a Saqqara nel 1924 di un segnalibro in cuoio e pergamena risalente al VI secolo d.C. per percorrere, poi, le strade dell’India e scoprire il segnalibro in avorio databile attorno al XVI secolo. Il passaggio dalla storia all’arte è comunque breve: l’autore analizza i dipinti di Giorgione, del Parmigianino, di Giuseppe Arcimboldi per giungere alle immagini pubblicitarie in cui il protagonista indiscusso è il segnalibro che si muove, sovente, nelle retrovie. In secondo piano, certo, ma sempre indispensabile, come un vero oggetto di culto.