Giulio Gasperini
AOSTA – Dal 1992 al 1996 Sarajevo fu stretta in un assedio giorno dopo giorno sempre più crudele e furioso.
La vita in città era un azzardo, una danza macabra. I cecchini appostati sui fianchi delle colline che, come in una culla, abbracciano la città non concedevano quasi speranze a chi decideva di spostarsi, o di attraversare uno dei ponti che allacciano le due rive della Miljacka. La vita degli abitanti di Sarajevo fu furiosamente sconvolta da un’insensatezza irrazionale e feroce, nella quale, però, gemmarono forme di resistenza e di resilienza, ampiamente descritte in Sopravvivere a Sarajevo, edito da BéBert Edizioni.
Attraverso alcuni filoni tematici, infatti, vengono riportate le voci di chi, uomini donne e bambini, quell’assedio lo visse, e ci testimoniano, a distanza di anni, quali furono le soluzioni adottate per non essere doppiamente sconfitti, per resistere con sapienza e determinazione a una ferocia inspiegabile e immotivata.
Arricchito di foto e disegni, questo libro è un vortice di testimonianze che non ha né un inizio né una fine ma è un ritorno ciclico, è un flusso eterno e perenne che non si chiude, come a dirci che il rischio di un nuovo assedio, in qualsiasi altro altrove, più concreto di quello che si possa pensare.