Silvia Notarangelo
ROMA – A San Quentin, in California, il condannato a morte Tonino Buttalamare, giunto al patibolo, chiede, come ultimo desiderio, di poter raccontare una storiella del suo paese. Inizia così “C’era una svolta”, il nuovo lavoro di Martino Ferro pubblicato da Verde Nero. Se amate Calvino e le sue fiabe, questa loro rielaborazione, perfettamente calata in un’attualità da censurare e dotata di una sagace ironia, non vi lascerà delusi.
Nei cinque minuti a sua disposizione Tonino Buttalamare è un fiume in piena. Esordisce con le vicende, non proprio felici, di Giampietro, Gianfranco e Giancarlino, tre fratelli alle prese con odiati call center, paghe da fame e nessuna prospettiva per il futuro. Unica possibilità rivolgersi a San Precario e ascoltare bene i suoi consigli, perché un insperato posto da direttore è proprio lì, a portata di mano, basta saper usare un po’ di astuzia.
Ed è sempre grazie alla furbizia, e a una sana dose di incoscienza, che Giovannina smaschera il temuto orco Cicci, un orco dotato della singolare capacità di fare tutto al contrario, compreso conficcarsi un bisturi in bocca al posto dell’immancabile sigaretta. Una fine drammatica, come quella involontariamente architettata da una first lady infelice che, con la complicità della cameriera, riesce a sbarazzarsi di un marito “nanetto” che non ha mai voluto e che, solo per puro caso, si è ritrovato nel posto giusto al momento giusto. La sorte non è stata, invece, così benevola con Giufà, un giovane che vive alla giornata e che, in un modo o in un altro, riesce sempre a cavarsela, sia quando inconsapevolmente libera i tanti negozianti sottoposti al pizzo di Don Ciccio Potenza, sia quando, altrettanto ingenuamente, consegna una partita di droga alla mamma convinto che si tratti di farina. Ma a volte l’onestà non basta e il destino che lo attende non è certo dei migliori.
“C’era una svolta”, un’attuale e sarcastica ironia
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