“Perché non l’hai capito, mamma?”
DANIELA SAPONE – Possibile che non ti sei accorta di niente? Sono due mesi, ormai, che mi tormentano. Due mesi di incubo, due mesi che non ce la faccio più. E tu niente, non sei capace di dire niente, non mi guardi negli occhi, non capisci, non mi capisci. Ma sì, sarà l’età, dici con sufficienza alle tue amiche; meno male che almeno studia, Ornella, continui a dire con orgoglio a loro. Ma guardami mamma, guardami almeno una volta. Smettila di uscire tutte le sere con ‘sto cazzo di burraco. Mi saluti che sei già sulla porta, ciao amore, mi raccomando non studiare troppo che ti si rovinano gli occhi. Già, gli occhi. No mamma, non ho più voglia di studiare, la tua figlia modello non esiste più. Tu non sai quello che mi stanno facendo e non lo saprai mai, non te lo dirò mai. Non l’ho detto nemmeno a Lisa, figurati, che ci diciamo tutto…
Mi hai portato dal dottore perché faccio la pipì a letto da un po’ di tempo. Quel gran genio del tuo amico mi ha fatto fare le analisi, ha detto che sono “un po’ debole di reni” e mi ha prescritto quelle pillole che mi fanno fare la pipì arancione. Ridicoli, ecco cosa siete!
Ho perso otto chili in due mesi, non ce la faccio a mangiare, non mi va proprio giù; e tu ancora a insistere, eh, le ragazze di oggi, che vogliono assomigliare alle modelle, su Ornella, mangia un po’.
Non sei stata capace di tenerti un uomo, almeno bada a tua figlia! E invece sei troppo piena di te, tutte le mattine, davanti allo specchio, controlli se hai una ruga in più, ti metti di profilo per vedere se il tuo seno sta ancora su, le risatine e gli ammiccamenti con i tuoi colleghi.
Quindici anni e non ho più voglia di ridere, non ho più voglia di vivere. E pensare che ti assomiglio: sono alta, formosa e ben fatta. Ed è questo il guaio. Sono, anzi ero, la più brava della classe. Mi piacevano le poesie di Leopardi e i racconti di Calvino, e poi Baudelaire e Rousseau. La prof di italiano s’è accorta di qualcosa, mi vede distratta, che non partecipo più, qualche volta salto pure le lezioni, vedrai che uno di questi giorni quella stronza ti chiama. Ti stupisci eh? Non ti aspettavi che le tue belle maniere inculcate a “une demoiselle comme il faut” producessero quest’effetto. Ho fatto anche di peggio, se proprio vuoi saperlo, mamma. Quando tu vai a giocare a burraco, mi viene a trovare Luca. Ti devo fare un disegno di quello che facciamo?
No mamma, scusa, queste parole non te le dirò mai.
Mamma, ascoltami per favore, ho paura, ho tanta paura.
Ora sto singhiozzando, non ce la faccio a smettere.
Due mesi fa, era un venerdì, uscivamo dalla palestra. Vado al bagno e mi vedo accerchiata da quattro bulletti della III C. Non ci parliamo mai, li conosco appena. Che poi, se li prendi a uno a uno, sarebbero anche ragazzi tranquilli, ma insieme, mamma, ti giuro, fanno paura, si fanno coraggio e si danno forza l’uno con l’altro, diventano spavaldi, feroci. Entrano anche loro nel bagno delle donne e cominciano a insultarmi buttandomi addosso tutte le porcherie più schifose, poi mi hanno strappato la maglietta e il reggiseno e hanno cominciato a fotografarmi, con loro accanto, in pose, mamma, te lo giuro, talmente eloquenti che ho cominciato a piangere e urlare. Il bidello non mi ha sentito, quando hai bisogno non c’è mai! Sono riuscita a divincolarmi e a fuggire e loro lì che continuavano a ridere. Tutti i giorni, mamma, mi fanno vedere quelle foto e mi dicono che le pubblicheranno su Facebook, che sarò sulla bocca di tutti, che ormai sono finita.
Io mi vergogno, mamma, anche se non sono io a dovermi vergognare e tutti i giorni controllo su Facebook e non ho ancora visto niente, magari le foto se le passano fra loro e con altri amici e ridono di me.
Mamma, io non sono così. Aiutami.
© Racconto di Daniela Sapone per “VOLEVAMO SOLO RIDERE”, iniziativa di ChronicaLibri.
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© Foto di Jerry Uelsmann