“La migliore approssimazione al paradiso”
ANDREA SIVIERO – Mentre percorri la banchina del binario sette, pensi alla faccia di tua madre quando saprà che anche questa mattina sei entrato in ritardo a scuola. La decima volta in due mesi.
Anche questa volta non avrai il coraggio di dirle che i tuoi compagni ti hanno visto arrivare a scuola in orario. Non dirai a tua madre che ti hanno visto tutti quando Monti e Iorio ti hanno spinto in un angolo e ti hanno costretto a seguirli con il solito ricatto. Quando Monti e Iorio ti hanno rinchiuso in uno dei bagni più isolati del piano seminterrato non hai neppure protestato. Questa volta non hai provato a liberarti dalla prigione prendendo a pugni e graffiando la porta come la settimana scorsa, quando ti hanno chiuso in un armadio dell’aula di Arte deserta. Questa volta ti sei rassegnato, hai aspettato con l’orecchio appoggiato alla porta e hai risparmiato le energie. Le hai impiegate tutte per urlare quando hai sentito dei passi nel corridoio. Hai sperato perfino che questa volta a liberarti fosse un insegnante. Invece erano ancora Monti e Iorio. Certo, se fosse stato un insegnante avresti detto che eri sceso là sotto per andare in bagno perché a momenti te la facevi nei pantaloni. Avresti detto di aver sbattuto la porta dietro di te per la fretta e quella si era bloccata. Come sempre avresti trovato una scusa, anche impossibile, perché Monti e Iorio hanno la fotografia.
Quei due ti hanno liberato alla fine della seconda ora: giusto per farti perdere la verifica di matematica. E come se non bastasse, mentre ti affannavi per raggiungere l’aula, seguito a distanza dai loro occhi da iene, hai anche incrociato la Ghini. Ti ha fermato per chiederti se avevi una giustificazione per non esserti presentato alla verifica. Incalzato dagli sguardi dei tuoi torturatori puntati sulla nuca, hai balbettato: “il treno… un incidente… la linea bloccata”.
Mentre ti avvicini all’ultimo tratto della banchina del binario sette, ti sembra di sentire ancora quegli occhi addosso. Vorresti essere invisibile. Un supereroe. Con il potere di riavvolgere anche il tempo.
Una ragazza. È stata lei a farsi avanti. Non era mai successo che une ragazza ci provasse con te. Quella che ti piaceva più di tutte, poi. E invece questa ti ha scritto un messaggio. Ha scritto che ti vedeva ogni giorno a scuola ed eri diverso da tutti gli altri. Le piacevi perché eri indipendente, così ti aveva scritto. Non l’avevi mai vista così: un tipo indipendente; pensavi di essere soltanto un emarginato. Hai cominciato a risponderle che anche lei ti piaceva, che avresti voluto parlarle di persona. Lei ti ha risposto che non se la sentiva, preferiva continuare con i messaggi. E per te era una situazione così inedita che hai detto di sì, hai accettato quella forma singolare di rapporto, in cui vi incrociavate in corridoio, qualche volta i vostri sguardi si incontravano, le sorridevi, e non vi parlavate mai. Poi un giorno, dopo che vi siete scritti per settimane, ti ha chiesto se volevi vederla. Le hai risposto “sì”, e quasi non ci credevi. Poi, visto che non diceva più niente, stavi per aggiungere: “Dove?”, quando ti è arrivata una fotografia. C’era il suo corpo nudo, sdraiato su un letto. I capelli neri le coprivano gli occhi e buona parte del viso, ma le labbra, le labbra eri sicuro: erano proprio le sue. C’era scritto: ora tocca a te.
Adesso, mentre ti allontani dalla stazione lungo il binario sette, e ti fanno compagnia nella nebbia soltanto gli ultimi lampioni prima dell’oscurità, pensi che ti sarebbe piaciuto avere una ragazza. Sfilare davanti a Monti e Iorio in compagnia di una ragazza sarebbe stata la migliore approssimazione al paradiso sulla Terra. Adesso, mentre i fari del regionale veloce Bologna-Venezia ti piombano addosso, sorridi: Monti e Iorio non se ne faranno più nulla di una fotografia di te nudo.
© Racconto di Andrea Siviero per “VOLEVAMO SOLO RIDERE”, iniziativa di ChronicaLibri.
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© Foto di Vanessa Winship