Giulio Gasperini
AOSTA – Giorgio Caproni aveva le idee chiare sulla poesia, e il volumetto Sulla poesia edito da ItaloSvevo, nella collana Piccola biblioteca di letteratura inutile, è un prezioso gioiello sia editoriale che letterario per comprendere “certe mie idee generali sulla poesia” che Caproni espose al pubblico il 16 febbraio 1982 al Teatro Flaiano di Roma.
La definizione che Caproni sente più sua, che sente immediatamente collegata con la dimensione del poetare è quella di “artigiano”: la parole è creazione pratica, fisica, materiale, e il lavoro del poeta è un artigianato, un mestiere che ha lunga tradizione e altrettanti lunghi scuole e praticantati. Partendo da una sua splendida poesia, letta in apertura della stessa serata, Caproni prosegue evidenziando gli aspetti secondo lui più significanti e fondanti della poesia, a partire dalla differenza che esiste tra il linguaggio poetico e “il linguaggio di normale comunicazione”. All’interno dell’ambito poetico, infatti, la parola “oltre il senso letterale, diventa matrice di una serie pressoché infinita di significati armonici”; quegli stessi significati alla ricerca dei quali il poeta si muove, nella sua attività di scrittura, presentandosi come un minatore, colui che riesce a calarsi in quelle che Machado chiamava “le segrete gallerie dell’anima”.
La magia del poeta è quella di poter trasformare la sua dimensione singolare, la sua voce intima e personale, in uno strumento che si plasma collettività, riuscendo a concretarsi come pluralità, portatrice di una verità che commuove, nel senso più etimologico del termine, a partire anche dalla materia meno poetica che si potrebbe immaginare, quella del quotidiano, quella della rima cuore-amore di Saba: “Una delle mie inconsce aspirazioni – confida Caproni – è stata sempre proprio quella di dare una funzione significante anche alla più banale frase fatta”. Il poeta è aiutato in questo suo ruolo anche dalla considerazione che “le poesie non tanto vanno capite, quanto sentite”. Caproni è convinto che la massima attenzione, nella tecnica poetica, non sia tanto quella di scrivere componenti comprensibili quanto quella di scrivere poesie musicali, poesie nelle quali il suono, il ritmo, la musicalità siano strumenti di penetrazione sensoriale, a un livello di immediatezza che confina su un secondo piano la comprensione pura e semplice.
Pur nella brevità dell’intervento, la lettura di questo piccolo gioiello editoriale, frutto del recupero dell’Archivio Pietro Tordi, attore che per molti anni registrò con un registratore dapprima qualsiasi rumore della quotidianità attorno a lui e poi, più sistematicamente, la voce dei poeti che declamavano i loro componimenti, consegnando alle generazioni future un tesoro inestimabile, è un regalo preziosissimo, adesso alla portata di tutti grazie ai risorti libri ItaloSvevo.
La passione poetica di Giorgio Caproni
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