Giulio Gasperini
AOSTA – Appena edito in Italia dalla casa editrice Miraggi edizioni nella collana Tamizdat, il pamphlet Cari jihadisti… di Philippe Muray era uscito in Francia subito dopo gli attentati dell’11/9, causando un dibattito feroce e una sterminata processione di polemiche.
Muray analizza la situazione dell’Occidente, sottolineando come lui stesso si sia dato la sua morte primaria, attraverso il consumismo frenetico, l’auto-annientamento, la dimenticanza dei valori. I “jihadisti”, secondo Muray, non hanno fatto altro che palesarsi in questo momento di estrema vulnerabilità del “nostro” mondo, creando un terrore e una violenza che non deflagrano nell’inaspettato, ma sono a dir poco conseguenze quasi logiche della situazione dell’Occidente stesso: “Le vostre distruzioni compromettono le nostre decostruzioni. Il vostro annientamento interrompe la nostra nientificazione. Siete dei doppioni”.C’è il tentativo, da parte di Muray, di svuotare di senso le azioni così globalmente sconvolgenti dei terroristi, dal momento che è la società stessa dell’Occidente che sta portando avanti la sua distruzione, in maniera meno mediatica e sensazionalistica ma forse più drammatica e irrisolvibile.
Le posizioni di Muray sono decisamente forti e aspre, molto radicali e persino eretiche; esposte in una lingua chiara ma con ragionamenti di serrata logica, sempre in sottrazione, attraverso i quali bisogna tenersi ben saldi e mai perdersi neanche una virgola: pena, il fraintendimento. Sicché si capisce la polemica che questo pamphlet scatenò nella Francia del tempo, ancora ben lontana dalla dura presa di consapevolezza che il terrorismo non colpisce solo altrove, ma anche all’interno della propria casa.
In questa situazione, è la Storia che, secondo Muray, oramai ha fallito. La Storia è finita, si è conclusa proprio perché non ha possibilità di redimersi, di far pace con sé stessa e con l’umanità intera. La colpa, chiaramente, – anche se di colpa non si tratta, quanto piuttosto di un merito doloroso – è ancora della società dell’Occidente: “Ma il nostro successo più grande è aver creato persone che desiderano ardentemente tutto ciò che subiscono passivamente”.
Muray desautora e inficia la portata distruttrice delle azioni dei jihadisti, nella loro ansia di annientamento, attraverso un j’accuse velato di amarissima ironia che prende di mira, dunque, non tanto le mosse di matrice terroristica quanto il terrorismo stesso interno alla nostra società, che in modalità più dissimulate ma più corrosive, ha portato alle stesse distruzioni e stragi sociali.
“Cari jihadisti…” per la prima volta in Italia
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