Giulia Siena
PARMA – Una lettura al buio dei dieci racconti selezionati tra gli oltre 150 arrivati al concorso. Sono partita da questo con la mia avventura da giurata – lusingata! – insieme ad Antonio Ferrari, Elisabetta Rosaspina, Maria Cuffaro e Carlo Martigli per la terza edizione del Premio La Quara, quest’anno dedicato alla musica.
Leggere. Semplicemente leggere quello che si ha davanti, su fogli word senza copertina, senza bandelle. Lasciarsi trascinare tra le righe, nella storia, senza sapere chi scrive; senza conoscere identità, età, provenienza, esperienze, ragioni, tormenti e motivi. Leggere come ho imparato a fare da piccola, con lo stupore pronto a intervenire e la curiosità a guidarmi sicura. Leggere. E basta.
Per i cinque racconti finalisti è stato un ulteriore caccia al migliore.
Entrare in quei racconti, immaginarne il lavoro di scrittura, farsi coinvolgere da personaggi forti ed emotivi, determinati e disperati; continuare a farsi stupire, attendere di essere colpiti o turbati, allietati, sospinti. Trovare i perché, le differenze, le emozioni, gli appigli, i modelli, la complessità tematica e la semplicità stilistica. Intercettare qualcosa e scoprire, solo qualche settimana prima della finale, che quei racconti, i cinque, erano tutti scritti da donne. Il lavoro di giuria, poi, è stato dibattito e confronto, affinità e simmetrie. Perché, il bello di una mansione come questa è abbassare le difese e – da giurato – far dialogare i sentimenti messi in campo da ogni autore con le proprie emozioni. Quelle emozioni che ci derivano dalla nostra sensibilità, dal vissuto, da quello che abbiamo visto, toccato, annusato; da cui abbiamo avuto timore, o proprio quello che ha provocato in noi la gioia.
In piazza, in quella stessa piazza che dà il nome al premio, La Quara, nel centro di Borgo Val di Taro, a vincere è stata la bellezza violenta di “Cerca alla voce: anime perse” di Imma Di Nardo. Un racconto pieno e sconvolgente di quanto la disperazione possa cambiarci e di come una donna possa essere giudice del proprio peccato; una colpa da espiare con l’alienazione. Secondo posto per la commovente storia di un virtuoso del violino sotto il cielo ostico e rarefatto della Bosnia: “Il violinista di Sarajevo” di Laura Galeazzi. La forza dell’amore e l’urlo graffiante dell’assenza sono stati gli elementi narrativi fondamentali per il terzo posto di “Allegro affettuoso”, scritto da Marina Martelli. La perdita, il vuoto, la musica, il dolore e la speranza, insieme a una scrittura asciutta, sono gli ingredienti de “La cantina della musica” di Graziella Percivale che si aggiudica il quarto posto. Il quinto posto è per “Talking drum” di Elisa Ceresini: l’amore che lega un padre a un figlio, il viaggio, il distacco, il ritmo delle origini, il legame con le proprie radici e una nuova strada.
I dieci racconti finalisti sono inseriti nell’antologia Musica in parole curata da Massimo Beccarelli e pubblicata da Infinito Edizioni.
Il racconto vincitore, “Cerca alla voce: anime perse”, è pubblicato integralmente sul sito de Il Corriere della Sera.