L’Africa (senza poesia) di Rimbaud

Je suis iciGiulio Gasperini
AOSTA – Arthur Rimbaud è una leggenda della poesia; non soltanto francese ma dell’arte poetica universale. Pur non avendo scritto molto e pubblicato (consapevolmente) ancora meno, la sua portata artistica, la sua innovazione pura, la tellurica potenza della sua “parola” lo hanno fin da subito collocato tra i più splendidi autori che la letteratura mondiale ricordi. Di lui si conoscono persino tutte le sregolatezze giovanili, le passioni adolescenziali, i turbamenti di ragazzo che lo portarono a tessere una relazione ai limiti della follia con Paul Verlaine e a popolare le cronache della Francia di fine Ottocento. Ma c’è un periodo, nella storia del poeta, poco conosciuto e il più delle volte ignorato. Quello, cioè, che va dal 1880 al 1891, l’anno della sua morte: gli anni di vita in Africa, quelli che Sandro Tirini racconta in quest’appassionante saggio, Je suis ici…, appena uscito per Genesi Editrice.
“Abbandono l’Europa. L’aria marina mi brucerà i polmoni, i climi sperduti mi abbronzeranno”: così scrisse Rimbaud in Mauvais Sang, da Une Saison en Enfer. E così fece: abbandonò l’Europa, probabilmente in fuga dai guai capitatigli a Cipro, e abbandonò la poesia. Dimenticò la letteratura, la scrittura, il verso, in un processo di rimozione terribile a credersi se si pensa a quella perfezione così sbalorditiva della sua parola poetica, a quei componimenti che, già fin dai primi esperimenti, erano perfetti e scintillanti di potenza di visione e dolcezza di suono. Gli anni dell’Africa furono anni in cui il poeta, come mette bene in evidenza Tirini, cambiò radicalmente sé stesso e la sua visione del mondo, arrivando addirittura a pianificare un suo matrimonio e a invocare le tradizioni più borghesi di una famiglia che, per lungo tempo, aveva criticato e fuggito senza timori né tremori.
Tirini analizza la corrispondenza di Rimbaud e di altri, analizza eventi, traccia ipotesi più o meno plausibili sulla vita che l’ex poeta condusse in un’Africa arida di poesia, in un Africa in cui Rimbaud pensò soltanto agli affari, diventando estremamente avaro e persino avido, sempre alla ricerca del denaro, dell’affare a basso costo, del profitto. Diventando mercante d’armi e addirittura – sembrerebbe piuttosto probabile – mercante di schiavi: uno dei traffici che a quei tempi rendeva di più e con meno fatica. Ma probabilmente Rimbaud fu anche un agente al servizio dell’Ambasciata francese, una sorta di diplomatico non ufficiale, che conduceva missioni e tesseva rapporti diplomatici in un’Africa estremamente frammentata politicamente.
Gli anni africani sono anni piuttosto oscuri, nella vita del poeta. Tanto che fece scalpore il ritrovamento, nel 2010, da parte dei librai Alban Caussè e Jacques Desse, di una fotografia piuttosto ingiallita, che ritrae Rimbaud, circa trentenne, nel 1880, a Aden, città dell’allora Abissinia. La prima immagina veramente “chiara” del poeta maledetto, che per tutta la vita scappò ovunque, inseguendo ogni orizzonte che fosse avventura.

Informazioni su Giulio Gasperini

Laureato in italianistica (e come potrebbe altrimenti), perdutamente amante dei libri, vive circondato da copertine e costole d’ogni forma, dimensione e colore (perché pensa, a ragione, che faccian anche arredamento!). Compratore compulsivo, raffinato segugio di remainders e bancarelle da ipersconti (per perenne carenza di fondi e per passione vintage), adora perdersi soprattutto nei romanzi e nei libri di viaggio: gli orizzonti e i limes gli son sempre andati stretti. Sorvola sui dati anagrafici, ma ci tiene a sottolinare come provenga dall’angolo di mondo più delizioso e straordiario: la Toscana, ovviamente. Per adesso vive tra i 2722 dello Zerbion, i 3486 del Ruitor e i vigneti più alti d’Europa.
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