“Senza rete” per affrontare le nuove epoche.

Giulio Gasperini
AOSTA – La parola poetica è un grimaldello: forza le serrature e apre nuovi orizzonti. Nella silloge di Fiorella Carcereri questo compito è evidente: seppur con significanti quotidiani, semplici e piani (“La mia parola è chiara / ma il tuo cuore la rifiuta”), si cerca di far perno sul significato per scardinare quello che altrimenti rimarrebbe serrato. In “Senza rete”, edito da Edizioni Ensemble, palese è il tentativo di dare importanza e vigore alle parole, anche tramite figure retoriche di ripetizione e ridondanza, soprattutto anafore (“Angelo”), ma anche tramite un continuo confrontarsi di piani temporali diversi e consecutivi (“Ieri, oggi e domani”) e la contrapposizione di opposti aspetti che sottolineano lo stridore e innestano il dubbio: “Decelerazione, / accelerazione, / decelerazione, / accelerazione…”.
Le due parti in cui è divisa la silloge danno l’immediata cifra interpretativa dell’esperienza della Carcereri: “Tu ed io” e “Io e il resto”, in un chiasmo a distanza, stabiliscono il punto centrale della sua ricerca – l’Io – (come in ogni tradizionale ispirazione poetica), mentre i due poli opposti ma complementari rimangono “l’altro”, un interlocutore col quale sempre ci si rapporta e ci si confronta, e “il resto”, dalle varie e complesse accezioni e declinazioni.
Il rapporto col “tu” è altalenante, fatto di avvicinamenti e di allontanamenti, di richiami e di separazioni: “Sembrava un altro addio, / sembrava l’ennesimo addio, / ma le nostre due anime / sono legate / da un moto perpetuo / di andata e ritorno, / di alta e bassa marea”. Il tu esiste, quasi carnale nella sua prospettiva di futuro, nella sua analisi del presente, nel suo ricordo del passato, (“Dimmi come riusciremo / a non essere / uno di questi amori sbagliati”) ma spesso si allontana, se non addirittura fugge, disertando il campo di battaglia e scomparendo nella latitanza: “Ora so che alcuni ricordi / sbiadiscono / o scompaiono del tutto.. / Penso sempre a te, / per saperti con me”. E il poeta rimane in bilico tra rimpianti, rimorsi e la sicurezza di aver ben agito, in ogni caso: “Basta / un’incomprensione / a farci capire / cosa sarebbe la vita / senza di lui. // Fiamma mai spenta. / Solo sopita”.
Il confronto con “l’altro”, invece, nell’esperienza della Carcereri, sancisce l’opportunità di dar vita a una poesia sociale che, com’è evidente negli ultimi tempi, ha oramai perso la sua identità e non riesce più a trovare una chiave espressiva valida e importante. Nel prevalente ripiegamento erotico-amoroso della poesia contemporanea, la carica sociale della poesia si riscopre, in questa silloge, ancora interessata a emergere. Sicché ecco comparire poesie dalle immagini rassicuranti e conosciute, come “Armadio di vita” o “Fari e lucciole”, che si caricano soprattutto di una tensione umana e universalistica: “E poi compro tre calle ad una bancarella, / ne osservo incantata / l’assurdo candore / e mi chiedo / come sia possibile / tanta bellezza / in altrettanta semplicità”.
Non sempre è agevole, né esaustivo, il tentativo di perforare la superficie e di approdare al “porto sepolto” di ungarettiana memoria: il movimento discendente è la somma aspirazione di tutti coloro che con la parola poetica si confrontano e giocano anche se non tutti raggiungono il punto estremo, l’approdo definitivo. La Carcereri sceglie la via della parola piana, dell’immagine rassicurante: quasi una forma di contrappasso per il nostro mondo frenetico e inquietante.

“Macelleria Equitalia”, l’unica macelleria che possiamo permetterci

Marianna Abbate
ROMA  Equitalia è un nome che incute timore. Un nome che toglie il sonno, che agita. Non sono lontane le notizie di cronaca che presentavano disperati mentre entravano negli uffici del riscossore tributario armati fino ai denti. Perché Equitalia arriva inaspettatamente, colpisce quando sei tranquillo.

Alzi la mano chi negli ultimi due anni non ha ricevuto nessuna cartella dal famigerato ente? Io personalmente ne ho ricevute diverse, principalmente per multe finite nel dimenticatoio. Ma se il mio sacrificio è stato abbastanza ridotto (sotto i mille euro), non mi è difficile immaginare il dramma di una famiglia che si vede arrivare una cartella da 10.000 euro, quando il reddito annuo non supera i 14.000. E tutto magari per un impagato da poche centinaia di euro cui si aggiungono multe su multe.

 

Ed ecco qui la storia delle storie raccontate da Giuseppe Cristaldi nel suo “Macelleria Equitalia”, pubblicato da Lupo Editore. Cinque racconti brevi, immagini di vita vissuta. Non sono storie complicate, sono storie vere. Fatti nudi e crudi, inquietanti nella loro inesorabilità. Microstorie racchiuse nella macrostoria che si sta compiendo ora nel nostro Paese.

Quello Stato che aveva fatto di tutto per includere, per diffondere, per uniformare… beh quello stesso Stato oggi esclude. Traccia una linea netta tra chi è nel giusto e chi ha peccato del più grave dei peccati: l’indigenza. Non avere diventa una colpa gravissima: A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.

Le parole dell’evangelista vengono interpretate nella concretezza più assurda e rimangono chiaramente incomprese.

Ad essere colpiti sono principalmente coloro che hanno da sempre fatto la ricchezza del paese, quei piccoli imprenditori che altro non sono che contadini, agricoltori, allevatori e artigiani. Quelli che hanno peccato nel modo più grave: non hanno pagato la Decima.

Ma se nel medioevo la Decima corrispondeva ad un decimo del raccolto, le tasse di oggi sono al 44%. Un peso insostenibile per chi già avrebbe problemi a contribuire con il 10%.

Tra guadagni presunti, valore aggiunto e scontrini il gioco non vale la candela, e così moltissime imprese sono costrette a chiudere i battenti. O non pagare le tasse.

Ma l’atto stesso di non pagare, di chiedere un dilazionamento, di cercare un po’ di respiro è un marchio indelebile sulla carne del malcapitato. Un segno che lo indica come parassita, grazie alla martellante pubblicità, come delinquente. Non importa se quelle tasse sono state sempre pagate: se hai mancato all’appuntamento non è perché sei povero, perché hai bisogno di aiuto, ma perché hai rubato. Hai nascosto nel materasso chissà quali tesori per acquistare una villa nei paradisi fiscali.

Ognuno giudica con il suo metro, e questo potrebbe farci comprendere molte cose. Forse lo Stato non riesce ad accettare l’idea che ci siamo impoveriti così tanto. Forse teme che tutto questo sia vero, nascosto dietro ai (poco) rassicuranti e (tanto) freddi numeri dell’Inps.

Ѐ questa l’Italia che ci racconta Cristaldi, l’Italia che cerca di rimanere a galla, che cerca di risalire il fiume. L’Italia che ogni giorno dimostra coraggio e forza di volontà e che un giorno tornerà a pagare tutte le tasse. Che, speriamo, non verranno più spese per pagare cenette romantiche e vacanze in yacht ai nostri cari politici.

“L’albero alfabeto”: la scrittura di Leo Lionni è immaginazione

MILANO – “Talvolta, dall’infinito flusso della nostra fantasia, all’improvviso emerge qualcosa di inaspettato che, per quanto vago possa essere, sembra contenere una forma, un significato e, più importante, un’irresistibile carica poetica. Il senso di fulmineo riconoscimento grazie al quale trasciniamo questa immagine fino alla piena consapevolezza, rappresenta l’impulso iniziale di tutti gli atti creativi… Altre volte, devo ammetterlo, la creazione di un libro si trova nell’improvvisa e inspiegabile voglia di disegnare un certo tipo di coccodrillo”. Leo Lionni spiega così la nascita di un libro per bambini. L’artista, olandese di nascita, statunitense di formazione e italiano di adozione, arrivò alla scrittura dopo una lunga carriera nella pubblicità e nell’arte. La scrittura in Leo Lionni è un lavoro di immaginazione e creatività legata alla storia dell’arte moderna. Di questo grande autore oggi proponiamo “L’albero alfabeto”, una novità targata Babalibri.

 

Un tempo esisteva l’albero Alfabeto dove sulle foglie vivevano le lettere. Un giorno arrivò una tempesta che ne spazzò via alcune e spaventò le altre che decisero di nascondersi. Allora, l’insetto delle parole insegnò alle lettere a formare delle parole: «Se starete unite non ci sarà vento che potrà spazzarvi via!» E aveva ragione! Poi una mattina d’estate uno strano bruco comparve tra il fogliame. «Quanta confusione su questo albero», disse e insegnò alle parole come mettersi insieme per formare delle frasi. Ma la forza delle parole sta nel poter dire cose importanti e così…

Festa del Libro Ebraico 2013: a Ferrara dal 24 al 28 aprile

FERRARA – La Fondazione MEIS (Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah) con il supporto organizzativo di Ferrara Fiere Congressi e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), della Regione Emilia Romagna, della Provincia e del Comune di Ferrara, dell’Università degli Studi di Ferrara, dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e della Comunità Ebraica di Ferrara, è lieta di presentare la quarta edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia.

Dal 24 al 28 aprile Ferrara ospita le molte iniziative in programma: dibattiti, presentazioni letterarie, convegni, tavole rotonde, concerti, spettacoli teatrali, proiezioni cinematografiche, laboratori di cultura ebraica per ragazzi, la terza Notte Bianca Ebraica d’Italia, la seconda edizione del Premio di Cultura Ebraica PARDES.

La manifestazione, promossa dalla Fondazione MEIS con il supporto organizzativo di Ferrara Fiere Congressi e il contributo della Regione Emilia-­‐Romagna, ha l’obiettivo di diffondere la conoscenza dell’ebraismo italiano attraverso un programma di eventi ricco e diversificato. Molteplici i fili conduttori di questa edizione: la narrazione di alcuni degli snodi più importanti della storia degli ebrei in Italia tra XVI e XX secolo attraverso l’esposizione di una selezione della collezione di Gianfranco Moscati; storie e racconti della Ferrara ebraica; il contributo della cultura ebraica alla formazione del tango e del jazz; itinerari storico-­‐culturali alla scoperta della figura di Immanuel Chay Ricchi.

La Festa inizia mercoledì 24 aprile alle 17.00 presso la sede della Fondazione MEIS con il saluto delle autorità e l’inaugurazione della mostra La Collezione di Gianfranco Moscati: storia e storie degli ebrei italiani narrate da oggetti di arte cerimoniale, documenti rari e libri preziosi, a cura di Serena Di Nepi (Università La Sapienza, Roma – Fondazione MEIS). L’esposizione ripercorre i momenti principali delle vicende ebraiche italiane grazie a un dialogo continuo tra la narrazione cronologica dei secoli dell’età moderna e contemporanea e il racconto di alcune interessanti storie di protagonisti dell’epoca.

A seguire, al Chiostro di San Paolo, inaugurazione della grande libreria che rimarrà aperta al pubblico per l’intera durata della Festa e nella quale si potranno trovare testi di autori ebrei o di temi ebraici, e aperitivo di ispirazione ebraico-­‐ferrarese.

La serata inizia alle 21.00 presso la Sala Boldini con la proiezione del film del 1927 Il cantante di Jazz di Alan Crosland, opera che segna la nascita del cinema sonoro; alle 21.30 al Chiostro di San Paolo Matteo Provasi e Monica Pavani raccontano la Ferrara ebraica e i legami tra la città e Giorgio Bassani. Si chiude sulle note del tango argentino con l’orchestra Este Tango e le esibizioni di tangueros.

Numerosi sono gli eventi in programma giovedì 25 aprile, giornata che in Italia commemora la liberazione dal nazifascismo. Presso il Chiostro di San Paolo la presentazione dell’annullo filatelico della quarta edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia alle ore 10.00 offre un’occasione per conoscere aspetti dell’ebraismo raccontati attraverso la filatelia.

Il programma prosegue presso il Cortile d’Onore del Castello Estense, dove alle 15.00 Paolo Mieli (giornalista e Presidente RCS Libri), introdotto da Riccardo Calimani (Presidente Fondazione MEIS), propone una lectio magistralis sugli scrittori ebrei. Al Chiostro di San Paolo alle 17.00 Furio Biagini (Università del Salento) e il maestro Hugo Aisemberg (Direttore artistico Centro Astor Piazzola), accompagnati da esibizioni tanguere di Rita Grasso e del maestro Pablo Petrucci (Associazione TangoTe), illustrano il contributo della cultura ebraica alla formazione del tango. A seguire aperi-­‐tango con il maestro Jorge Valendel.

I nostri 10 Libri per la Giornata Mondiale del Libro 2013

ROMA – Oggi, 23 aprile, è la Giornata Mondiale del Libro. Perché celebrare questo insieme di pagine? Perché un libro è un ottimo amico, è un oggetto molto bello (pensiamo alle librerie ricche di libri di ogni colore, dimensione e fantasia), ma è anche e, forse, soprattutto, uno strumento utile alla persona: tanti generi per soddisfare qualsiasi gusto letterario, paesaggi e realtà che fanno sognare; versi, che dalla perfezione degli endecasillabi danteschi all’ermetismo del XX secolo, riescono ad allietare, a colorare e a creare immagini e sensazioni potentissime. Il libro è un simbolo, rappresenta la cultura: dovremmo proteggerli e farli circolare in continuazione! Allora celebriamo questa giornata nel modo che a noi piace di più: suggerendovi le letture che ci hanno accompagnato e cambiato nel corso degli anni. Da lettori, da giornalisti e da appassionati vi suggeriamo i nostri 10 Libri  per la Giornata Mondiale del Libro 2013.

 
1. “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

2. “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo

3. “Artemisia” di Anna Banti

4. “Un uomo” di Oriana Fallaci

5. “La Storia” di Elsa Morante

6. “Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino

7. “Cortile a Cleopatra” di Fausta Cialente

8. “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati

9. “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò

10. “Il partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio

“L’horror è un contenitore che può più di altri toccare corde essenziali dell’animo umano”: ChronicaLibri intervista Claudio Vergnani

Michael Dialley
AOSTA – Un viaggio particolare in un’Italia popolata da zombie: questo il contesto del nuovo romanzo di Claudio Vergnani, “I vivi, i morti e gli altri”, uscito da poco per la Gargoyle Books.
Tinte fosche, luoghi misteriosi e rumori sinistri provocati da quelli che sembravano morti, sono invece gli ingredienti che tengono il lettore vigile e attento a tutti i dettagli.
ChronicaLibri ha intervistato l’autore per cercare di capire cosa c’è dietro questo romanzo e per dar voce a chi ha dato la luce a quest’avvincente storia.

 

Ha scritto una saga di vampiri, prima de “I vivi, i morti e gli altri”: che cosa l’ha avvicinata agli zombie? Come mai ha incentrato il nuovo romanzo su queste creature?
Né i vampiri né gli zombi hanno molta importanza per me: mi servivano solo per creare uno sfondo horror conosciuto dove poter raccontare soprattutto altro.

“Ritengo che l’horror sia un contenitore che, se usato adeguatamente, può più di altri toccare corde essenziali dell’animo umano”: queste le parole che ha usato in un’intervista per definire il genere horror.

 

Nel suo nuovo romanzo emerge la fragilità del protagonista, Oprandi, che viene quasi schiacciato dalla realtà, dalla società composta da cannibali: è questo, forse, un ritratto dell’uomo odierno e del mondo reale, trasposto ed enfatizzato poi nella realtà horror?
Di solito sfuggo le metafore. Spesso sono banali o ambigue. Ma certamente Oprandi si muove in un mondo che è solo un passo avanti al nostro, e infatti lo interpreta lucidamente in tutta la sua miseria, ignoranza, ingiustizia e pericolosità. Paradossalmente, pur essendo un uomo con tutte le carte in regola per crollare definitivamente, l’essere un figlio di questi nostri tempi gli sarà d’aiuto per non smarrire definitivamente sé stesso nel momento della catastrofe e dell’orrore.

 

Crede che il genere horror possa essere uno strumento utile alle persone per evadere, visto il periodo storico nel quale viviamo oggi?
È difficile da dire. Potrebbe sembrare di sì, ma i risultati delle vendite tendono a dire il contrario. Forse i tempi senza speranza in cui viviamo spingono maggiormente il lettore verso il fantasy, dove i buoni soffrono ma poi vincono, i cattivi vengono umiliati e sconfitti, e mille creature soprannaturali ma perbene ispirano al lettore la possibilità di un mondo magari ancora sconosciuto, ma decisamente migliore e più giusto di quello reale.

 

Una persona mi ha detto “leggi e rilassa la mente”, ed effettivamente la lettura ha, su di me, quest’effetto; a lei in che modo la lettura aiuta? Perché consiglierebbe alle persone di leggere un buon libro?
Me l’avesse domandato anche solo due anni fa mi sarei detto d’accordo, e avrei spiegato il perché. Oggi, le confesso, non lo so più. Qui in Italia la maggioranza dei lettori non legge, si limita a scorrere con gli occhi un insieme di parole che altri hanno scelto per loro. Non acquistano un libro, acquistano un autore, per pigrizia, per abitudine, per sentirsi rassicurati. Forse un giorno la gente tornerà a leggere, e allora, chi lo sa, potrò rispondere diversamente alla sua domanda, se le parrà ancora d’attualità.

 

I lettori, ormai, la conoscono nel genere horror: in quale altro genere le piacerebbe impegnarsi? Sta già lavorando a qualche altro progetto?
È uscito in questi giorni un thriller, Per ironia della morte, dove cerco ancora una volta di inserirmi in un genere, con amore e rispetto delle sue strutture classiche, e per poterlo poi rinnovare dall’interno con il mio stile considerato drammatico, profondo e ironico nello stesso tempo.

 

Come scrittore, quali sono le tre parole che preferisce?
Me ne basta una: quella giusta, schietta e sincera che arriva dritta al cuore e alla mente di un lettore attento e intelligente. Quella parola è tutto. Perché, come dico sempre, un romanzo è solo un’opera parziale, al quale solo un lettore attento e ricettivo può dare il soffio della vita, portandolo con sé nel suo mondo, arricchendolo con la sua partecipazione, le sue considerazioni e, perché no, con il suo amore. A mio parere è tutto qui, tutto quanto qui.

Questione di scelte: “L’amicizia in guerra”

Silvia Notarangelo
ROMA – Una piccola cittadina degli Stati Uniti dove vivono sei amici. Il giorno del diploma si avvicina. Hanno sogni diversi, pensano e agiscono diversamente, eppure qualcosa di profondo li unisce: un’amicizia che niente sembra poter scalfire. Nessuno può immaginare che qualcosa di sconvolgente cambierà radicalmente il corso delle loro vite.

Si apre delineando una realtà tranquilla e spensierata “L’amicizia in guerra”, il romanzo d’esordio di Marco Narcisi (Nulla die Edizioni). Una storia che inizia lentamente per poi divenire sempre più coinvolgente, capace di mantenere alta la tensione fino alla fine, in un crescendo entusiasmante in cui non mancano colpi di scena e decisioni inattese.
La quiete del gruppo si spezza una prima volta quando Owen, uno dei sei ragazzi, sparisce all’improvviso, senza dare più alcuna notizia di sé. Poi, a distanza di un anno, recuperato un apparente equilibrio, ecco la telefonata che preannuncia la tragedia.
Da questo momento, l’imperativo che attraversa l’intera vicenda è “scegliere”. Niente accade per caso. Alcune scelte sono prese sulla scia di un’emozione, altre appaiono inevitabili, altre ancora possono essere valutate e ponderate. Come intuisce Antony “ogni nostra scelta, anche la più semplice, determina con incredibile forza la differenza tra ciò che accade e ciò che sarebbe potuto accadere”.
Tra i sei amici c’è chi sceglie di lasciare tutto per inseguire un sogno, chi prova a buttarsi il passato alle spalle per ricominciare, chi non sopporta l’indifferenza e decide di rischiare in prima persona. Ognuno, però, magari senza accorgersene, si ritrova a fare i conti con il proprio stato d’animo e con un alternarsi di sentimenti spesso contrapposti: disperazione, sconforto, rassegnazione, ma anche lucidità, determinazione, euforia.
A volte le conseguenze delle nostre scelte sono limitate, altre possono essere devastanti. Soprattutto quando si gioca con un fuoco che, nel caso specifico, si chiama guerra. Un conflitto che appare sempre più inarrestabile, architettato da un nemico silenzioso, disposto a tutto pur di appagare le sue ambizioni e la sua sete di potere.
I ragazzi saranno travolti dalla Storia con la S maiuscola, in un’avventura che li porterà a guardare la propria vita con occhi diversi, fino a compiere scelte decisive e non prive di risvolti inaspettati.

10 Libri per la Giornata Mondiale della Terra

ROMA – La Terra è viva. Nonostante le continue vessazioni e i silenzi della politica, il nostro pianeta continua la sua difficile avanzata verso il futuro. E oggi, 22 aprile, Giornata Mondiale della Terra (istituita negli Stati Uniti nel 1970 e in Italia nel 2007) vogliamo proporvi 10 letture che parlino di ambiente, sostenibilità, riciclo e amore per la natura. 10 Libri per la Giornata Mondiale della Terra, l’amore per la Terra passa anche dai libri!

 

1.  “La casa naturale dalla A alla Z” di Daniela Garavini, Tecniche Nuove
2. “In difesa della biodiversità” di Bruno Massa, Gruppo Perdisa Editore
3. “Guida ai green jobs”, scritto da Tessa Gelisio e Marco Gisotti, Edizioni Ambiente
4. “Ecologia del risparmio. Consigli pratici per risparmiare a casa e vivere con eco­stile” di Giulia Landini, La Linea
5. “Le città sostenibili” di Andrea Poggio, Mondadori
6. “IoRicreo” di Francesco Di Biaso, Maddalena Gerli, Terre di Mezzo
7. “Ecocucina” di Lisa Casali, Gribaudo
8. “Prepariamoci a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità” di Luca Mercalli, Chiarelettere
9. “Evviva il riciclo. La raccolta differenziata” di Laura Novello e Matteo Gaule, Sassi Junior

10. “Storia dei semi” di Vandana Shiva, Feltrinelli Kids

Dopo “Sorella” e “Italia”, Marco Lodoli torna in libreria con un nuovo romanzo: “Vapore”

Alessia Sità

ROMA –Il mondo non è un posto adatto agli esseri umani, ci stiamo dentro sognando altro, e altro non c’è. E allora facciamo il nostro spettacolino, poi un inchino e ciao.
Il desiderio di cambiare la realtà e la voglia di essere felice nonostante l’orrore del mondo fanno da sfondo al nuovo romanzo di Marco Lodoli, “Vapore”, edito da Einuadi. A raccontare la storia di un padre ‘scapestrato’, ma dal cuore grande, e di un figlio idealista è Maria Salviati, un’ex professoressa settantaduenne. Pur di non perdere la memoria degli anni passati, Maria racconta la sua storia al giovane agente immobiliare, Gabriele, che l’aiuta a vendere la sua casa di campagna. Lentamente riaffiorano nella mente della donna tutti i ricordi legati agli unici due uomini che lei abbia mai amato: il marito Augusto, conosciuto anche come Mago Vapore, e il figlio Pietro. L’evanescenza del primo ben presto si scontra contro l’idealismo e l’utopia comunista del secondo. Mentre Augusto è in grado di accettare la realtà nel bene e nel male, Pietro sente il disperato bisogno di cambiarla, nella speranza di poterla migliorare. Purtroppo, però, solo l’amore non basta a proteggere le persone a noi care e questo Maria lo sa molto bene. “Vapore” è la storia di una famiglia non convenzionale, che nasconde un terribile segreto. Con uno stile brillante ed elegante, Marco Lodoli ci regala una storia che riesce a commuovere, toccando le corde più profonde dell’animo umano. Inevitabilmente, il lettore si lega alla concretezza di Maria, all’allegria di Augusto e all’ingenuità di Pietro. Fra le scene più belle, che Lodoli ci regala vi è senza dubbio, quella in cui Vapore scrive un sonetto d’amore in romanesco alla sua adorata Maria. Fra le righe di quella poesia si capta la bontà e la semplicità di un uomo che, dietro alla sua evanescenza, cela un gran cuore e un immenso amore per la sua famiglia.”Vapore” ci conduce con dolcezza nel cosiddetto ‘male di vivere’ che attanaglia i suoi personaggi.

“La deontologia del giornalista”, il giornalista ideale.

Roma – Molti di voi conosceranno questo manuale che viene consigliato per il colloquio finale del percorso dei pubblicisti romani.

Da più di trent’anni l’Ordine dei giornalisti, grazie alla collaborazione con il Centro di Documentazione Giornalistica, pubblica dei testi con l’obiettivo di dare utili strumenti a chi si avvicina alla professione. All’inizio erano un paio di volumi che dovevano solo integrare le esperienze fatte gomito a gomito con i colleghi più anziani ed esperti, oggi l’opera è formata da diversi tomi che affrontano l’attività professionale nel suo complesso.

“La deontologia del giornalista”, volume a cura di  Michele Partipilo, affronta i nodi strategici legati alla funzione e alla libertà professionale con una completa ricognizione dei princìpi etici, dei doveri e delle norme – previste dalla legge o dai codici di autoregolamentazione – che costituiscono la cornice all’interno della quale chi fa informazione deve muoversi.”

Il volume fa parte anche del Materiale didattico per il Corso ” Il pubblicista. Corso di preparazione al colloquio per l’iscrizione all’albo“, che consente di ottenere l’attestato propedeutico per sostenere l’esame orale finalizzato all’iscrizione nell’elenco pubblicisti.